Blog di Letteratura ed altro

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La prudenza, emozione virtuosa (n.114)

Il dizionario Treccani definisce il vocabolo prudenza come «un atteggiamento cauto ed equilibrato di chi, intuendo la presenza di un pericolo o prevedendo le conseguenze dei suoi atti, si comporta in modo da non correre inutili rischi e da evitare a sé e ad altri qualsiasi possibile danno».

MARA VENUTO: il vento della vita che sparge la cenere dei giorni vissuti (n.114)

Può un luogo diverso da quello d’origine portare benefici alla propria vita? Non si può escludere, purché non si fugga da se stessi (Tecum fugis, ammoniva Seneca, con te stesso fuggi). E’ questa la disposizione d’animo
di Mara Venuto, giovane poetessa tarantina che ora vive ad Ostuni e che con Questa polvere la sparge il vento, (casa editrice Edit@, pp. 71, € 10)
è alla sua seconda raccolta di versi dopo Gli impermeabili del 2016. Nella
dedica che apre il libro troviamo scritto: «dal mare e la ruggine amorosa
di Taranto, alla terra e le radici libere di Ostuni».

«Il ragazzo delle arance» di GIULIA POLI DISANTO (n.114)

Il romanzo è una sorta di sapido, saporito, scanzonato racconto in prima persona di un adolescente speciale che si trova, suo malgrado, ad essere protagonista di una indagine. Ci troviamo davanti ad un Diverthriller, neologismo perfetto dell’autrice che sintetizza lo spirito della storia che «punta a scoprire questo difficile universo e a richiamare l’attenzione sull’unicità e la complessità delle relazioni con le persone affette da
autismo».

Intrigante “Noir” di GIANNI ANTONIO PALUMBO: «Per Luigi non odio né amore» (n.114)

Nonostante la sua fresca età, Gianni Antonio Palumbo è un narratore di lungo corso. Infatti ha esordito a vent’anni col romanzo “nero” I fantasmi di un poeta (1998), dandosi poi al genere fantasy col romanzo Krankreich. Tramonto di un sogno (2000), vincitore del Premio “Valle dei Trulli” per la “Letteratura giovane”. L’itinerario è proseguito col romanzo «minimal metafisico» Eternità. La leggenda di Destino e Sospensione (2003) e con la bella silloge di racconti Il segreto di Chelidonia (2014).

«La vita in superficie» come l’ha cantata Ungaretti (n.114)

In quanti delle generazioni presenti e passate hanno tentato di dare un nome a quella sensazione di fugace turbamento e smarrimento improvviso che sprofonda l’animo umano in abissi inesplorati? Essa deriva solitamente dalla presa di coscienza, imprevedibile e rara, della condizione di irreparabile caducità dei viventi di fronte all’immensità del tutto e alla rivelazione di un senso senza identità.

Arthur Rimabud: il poeta maledetto (n.114)

«Un tempo, se ricordo bene, la mia vita era un festino in cui tutti i cuori si aprivano, tutti i vini scorrevano»

“Io è un altro”.
Chi può aver scritto una frase del genere? In questa frase c’è un abisso di significati. Un Oceano di profondità.
Già dire “Io sono un altro” ci inquieterebbe. In che senso “Io sono un
altro?”. Io non ho identità? Io sono schizofrenico e quindi mi sdoppio in un’altra persona? Come faccio ‘io’ ad essere un ‘altro’?’
Ma qui si va più in là ancora: “Io è un altro”. Cioè la mia identità (‘io’) va osservata come terza persona. Uso, per indicare me stesso, la terza persona del presente indicativo. Ma allora esiste l’Io?
A questo punto: che significa ‘è’? Esserci. Vivere. L’Essere è una convenzione?

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