Un ponte fra due mari

È di fondamentale importanza il luogo, la lingua, la cultura del proprio popolo, la memoria per fare un uomo! Altrettanto importante è il fuoco che spira dentro, il bisogno di confrontarsi con se stessi e il mondo, per fare un uomo e un poeta, un artista a tutto tondo.
Quella lingua di fuoco che si agita in noi, la parola viva che ci caratterizza, si fa canto e vita e ci accompagna nel viaggio, a scoprire l’universo che è presente in ciascuno, le emozioni, i propri ideali, i valori basilari dell’accoglienza, della nostra ardente umanità.

Attraverso la parola, la musica, la pittura, l’arte in genere, riusciamo a dire al mondo di noi.
L’amore per la propria terra, l’amore per l’uomo, per tutta la bellezza che c’è intorno a noi, questo mi ha colpito e mi ha portato ad avvicinarmi alla poesia, alla scrittura di Dragan Mraovic.

Incuriosita e ammirata dalla sua persona!

Ho incontrato varie volte il poeta Dragan Mraovic durante la sua permanenza in Puglia, quando si trovava a Bari, durante gli incontri presso la libreria Roma, coordinati da Daniele Giancane, nei suoi vari rientri in Italia, l’ho ascoltato sempre con molto interesse, lasciandomi conquistare dalla sua parola profonda, dal suo accento pregno di quella musicalità propria di chi si esprime nella nostra lingua avendola studiata nell’età più matura! L’italica terra che lo ha sempre affascinato.
Si parlava di Lui, cioè, si continuerà a parlare  di lui come di un grande poeta e intellettuale, traduttore, console, docente, del suo rapporto di amicizia e del suo grande amore per l’Italia e, come italiana, non posso che esserne fiera.

Avevo un certo timore ad interfacciarmi con la sua figura, rimanevo ad ascoltarlo durante gli incontri, un po’ in disparte, ma erano fin troppe le domande che si accavallavano nella mente, di come si fosse avvicinato alla poesia, dei suoi studi, di cosa pensasse dell’Italia, di questo suo amore per la vita.

Dovevo aprire questa finestra sul suo mondo e non solo affacciarmi e rimanere a guardare ma entrarci, con cautela ma con tutta la mia caparbietà e la voglia di conoscere qualcosa in più della sua poesia, della sua grandezza.  Sarebbe stato ospite a BITRITTO il 18 aprile 2018, Un evento organizzato dalla Secop a cui non potevo mancare.

Intanto sfogliavo i suoi libri, rileggevo i suoi versi.
Tra le raccolte poetiche più note ed apprezzate di Dragan Mraovic ci tengo a ricordare: Verso spighe (1977), La mano per il sogno (1981), La venuta nel ricordo (1982), L’erba del mio volto (1988), Le voci della linea di confine (1983), Evviva il primo amore (1989), L’arazzo (2002), trilogia quest’ultima pubblicata nelle Edizioni “La Vallisa” di Bari e ancora “Libro bohemien” (Secop edizioni 2011).

Nelle sue opere l’autore narra in chiave poetica il quotidiano, con un abile intreccio di emozioni, intuizioni, di sussulti del cuore e della mente; la sua poesia è sostanzialmente bilanciata tra amore e dolore, scandagliata nei meandri della coscienza e della memoria.
Si muove abilmente tra il versante sociale (con numerose poesie contro la guerra, la droga, l’inquinamento, l’anelito alla giustizia e ad un maggiore senso della democrazia) e quello interiore, dove mette a fuoco il sentimento d’amore, la tenerezza e l’autenticità del rapporto adulti – bambini, l’amore per la propria terra, per la sua compagna di vita, i suoi fiumi, il Danubio.

Molte le liriche che affrontano i temi della dignità umana, dei valori di relazione tra individui, l’appello a superare le controversie, ad agire con coraggio e sincerità nei rapporti intersoggettivi, “l’invito a gettar via la maschera per essere solamente e autenticamente se stessi”.

Commoventi le poesie dedicate alla maestra o alla mamma, alla donna amata. Si tratta di versi delicati e intensi ma anche pregni di rabbia ora velata ora violenta, con una “sottile e caustica” vena di ironia per l’insensatezza degli uomini che hanno scelto la guerra anziché la pace, che non hanno rispetto dei propri fratelli. Nella raccolta “L’erba del mio volto” tema molto pregnante è il pensiero della morte.

Nella poesia che dà il titolo alla raccolta, Mraovic scrive:

Sarò una mica celeste in eterno germe.
Sarò anch’io il fratello di qualche verme.

Si sazierà di me un bel pesce di fiume
ed il chiaro di luna gli farà lume.

Sarò aria, sarò terra, sarò l’erba pagana,
per qualche mucca da latte,

sarò una genziana.

Ma quella mucca cornuta con tanto di pelo folto,
non saprà mai di brucare l’erba del mio volto.


Si evince una vena di struggente malinconia soprattutto legata al dolore e alle sofferenze della sua terra, delle sfortunate popolazioni dei Balcani, costrette a subire sulla propria pelle sofferenze e brutture di ogni specie. Nonostante tutto permane la speranza, la voglia di prodigarsi sempre per il bene dell’umanità.

Sfoglio il suo libro L’arazzo (Edizioni Vallisa), che gelosamente conservo, la raccolta di poesie con cui Dragan nel 2002 si congeda, temporaneamente dall’Italia, ripromettendosi poi di tornare ancora.
Emerge un ritratto di poeta “a tutto tondo, riccamente composito”, in cui sono tratteggiati i suoi sentimenti, la sua passionalità, la sua spontaneità.
Egli ha sempre creduto e continua a credere ancora che la vera poesia è quella che nasce spontaneamente e che ha la possibilità di affermarsi e di incidere sulla gente solo se riesce ad essere immediatamente e istintivamente comunicativa.
Se non realizza questi risultati dice, non è poesia.

In questo testo sono presenti tensioni esistenziali, quelle poetiche e il privato quotidiano ma, rispetto alle precedenti raccolte, è ben più evidente il “sentimento struggente delle cose, del tempo che passa rapidamente e macina ogni cosa senza pietà, con un realismo e una crudezza assoluti”.

Dove vorresti andare? Il tempo vola…
Mentre l’inquietudine e l’angoscia ti impregnano il cuore,
io sto costruendo i nidi celesti nelle tue pupille belle
lo so, è vero, sto inventando le bugie peggiori, ma, amore,
volente o nolente, io ti seguirò sino alle stelle.

da Ti seguirò sino alle stelle

Nonostante l’assillo del sentimento della morte, che resta centrale nel suo discorso poetico (bisogna accettarla dice, come una donna fatale, come un’amante), il poeta è innamorato della vita, delle cose belle che ci circondano e si incanta di fronte allo spettacolo meraviglioso della natura.

«Anche se l’amore non cambierà la mia sorte / forse sarebbe bello fare le corna alla morte», sostiene il poeta, invocando scongiuri contro di essa. Versi bohémien!

Dell’artista, del poeta, resta solo la memoria, sostiene il Foscolo (alla poesia, è affidato, il ricordo e il senso dell’eternità: “la poesia vince di mille secoli il silenzio”, dai Sepolcri).
Lo stesso Dragan Mraovic confida in questa eternità, nel conservare il suo messaggio poetico ed artistico alle generazioni future, “identificandosi, racchiudendosi, in un simbolo di eternità” rappresentato dal cigno intessuto in un antico arazzo (arazzo che dà il titolo al libro): «essere il cigno dell’arazzo / per sfuggire alla Signora Morte».

La poesia non può rimanere chiusa nei ristretti circoli culturali, deve far parte della vita di ogni giorno, deve camminare per strada e parlare alla gente, questo l’obiettivo dei poeti e dello stesso Dragan Mraovic .
Tutto questo emerge nel Libro bohémien (Collana I girasoli 2011) edito dalla casa editrice Secop e presentato in Italia in uno dei suoi attesi ritorni per salutare gli amici. (2013).

Il libro si presenta ricco di eventi e suggestioni, raccoglie poesie su tematiche care all’autore, canta l’amicizia e lo stare insieme, l’amore nei suoi vari aspetti e in tutte le sue forme, i grandi sentimenti, la libertà, la pienezza della vita; immancabile l’idea della morte, il tutto espresso in uno stile accattivante, con battute goliardiche e una diffusa e piacevole ironia.

Non mancano pagine di confronto con la realtà circostante, il mondo della politica (che Dragan non ama), dei politicanti (che non stima e deplora), dei potenti, a cui guarda con distacco e che inseguono le leggi del profitto e del mercato.
Interessantissime le “pagine di prosa, che condensano in poche battute un aneddoto, un ricordo, una nostalgia: aneddoti sapidi all’ombra festosa di bettole e osterie in compagnia di qualche boccale di birra o di un buon bicchiere di vino”.

Quella di Dragan Mraovic, è una delle voci più incisive del patrimonio poetico e letterario di questi ultimi anni; da decenni non solo opera sul suo territorio come promotore culturale ma intrattiene “corrispondenze d’amorosi sensi” con autori e circoli letterali italiani e internazionali.
Ci troviamo di fronte ad uno scrittore poliedrico che nelle sua scrittura ricorre ai toni dell’ironia, anzi all’autoironia, e che utilizza immagini metaforiche per chiarire il pensiero e il messaggio che vuole trasmettere.

Egli è un poeta vero, dalla corposa e cospicua produzione. Il suo linguaggio è tra i più semplici e comprensibili, con versi senza infingimenti e simulazioni, sempre orientato a sdrammatizzare le vicende d’amore che interessano la vita umana. “Un ponte tra due mari”, così lo definisce Giuseppe De Matteis.

(da Un ponte tra due mari: Dragan Mraovic, poeta e traduttore, valido esempio della letteratura serbo-croata di Giuseppe De Matteis).

Ho avuto la possibilità di incontrare Dragan a Bitritto. Atteso e fecondo incontro in cordialità e poesia.

L’intervista

BITRITTO – 18 aprile 2018, ore 18. 30

Comune di Bitritto, Sala Castello:

“LA POESIA, ANIMA E RESPIRO DELL’UNIVERSO”. Evento realizzato nell’ambito della Settimana della Poesia al fine di riscoprire il valore delle parole, e che vede coinvolti poeti di nazionalità diverse: Angela De Leo, Italia; Bratislav Milanovic, Serbia; Dragan Mraovic, Serbia; Ljubica Rajkic, Romania; Kayoko Yamasaki-Vukelic, Giappone.

Incontro Dragan Mraovic in una pausa dell’evento.
Mi ha sorpresa la sua disponibilità, mi dice: «Scrivi. Scrivi tutto, non cancellare le parole poco usuali, quelle che ti sembrano “parolacce” e non lo sono in verità ma, servono per dire le cose come sono e non con gli eufemismi!»
Non ci sono parole belle e brutte, a me piacciono tutte e ciascuna ha la sua storia e le sue radici, le parole sono traccia indelebile dell’uomo, del nostro percorso!
Prosegue: «Voi italiani, oggi, non vi rendete conto del grande patrimonio che è a vostra disposizione».

Intervista a Dragan Mraovich nell’ambito della rubrica Golosità d’artista a cura di Dina Ferorelli

Quando hai scoperto la magia della poesia e quando hai cominciato a scrivere?

R: Io non ho scoperto nulla della magia della poesia nel senso in cui la si intende oggi o si esprime nella domanda. Un cretino della mia classe, quando frequentavo il liceo, un certo Mile, presuntuoso ma ripetente, si vantava di volere conquistare le ragazze con le sue due poesie dilettanti. Per me erano anche stupide e non funzionavano perché le ragazze di allora leggevano abbastanza e non erano interessate ai clown, ai marchi, agli “sms”, a ciò che hai, ma a chi sei, tenevano ad alti valori morali e nobili. Il sesso era la conseguenza dell’amore e non lo scopo del cretino che ti faceva la corte. Pensai però che se avessi scritto qualche cosa di bello, romantico, una poesia di cuore, avrei raggiunto qualche risultato.

Scrissi alcune poesie, le prime pubblicate per una certa Daniela Paliaga d’Istria, una Italiana che studiava con me l’italiano e la letteratura italiana a Belgrado; mi disse che se avesse capito in tempo utile come ero, avrebbe fatto più attenzione alla mia timidezza nei suoi confronti. La incontrai di nuovo pochi anni fa, dopo mezzo secolo, e mi ridisse la stessa dopo aver letto anche i miei libri. Le risposi che Dio aveva avuto pietà di noi e perciò i miei desideri di allora non erano stati soddisfatti per fortuna, perché nel caso opposto oggi saremmo stati solo una coppia divorziata, invece siamo rimasti ottimi amici. Da noi non è facile la vita coniugale con dei poeti veri, perché non accettano certi limiti. Per fortuna, abbiamo donne forti che ci conoscono bene e talvolta i legami riescono grazie soprattutto a loro. Io sono un buon esempio. La prima è stata brava, ma non ci è riuscita. Le altre avevano successi solo temporali. Questa ultima però mi ha domato finalmente, non ho più scampo.

Quali sono gli argomenti ispiratori dei tuoi versi?
R. Il modo d’intendere la poesia da noi è ben diverso dal vostro mondo. La nostra sensibilità orientale nei confronti della natura e dei valori umani è ben distante dal vostro mondo. La ratio e l’utile non sono al primo posto. Non ci sono intenzioni nello scrivere o temi prescritti, non ci sono regole; la scrittura è la conseguenza di ciò che accade, di come vivi. Altrimenti puoi essere anche un accademico, ma non sarai accettato dai lettori. Puoi pubblicare i libri per il tuo ego, ma nessuno mai citerà un tuo verso durante qualche festa o al ristorante. Non puoi scrivere d’essere stato ubriacato del suo amore se non sei mai stato ubriaco – il lettore capisce subito che sono bugie. La poesia non sopporta le bugie. Ci vuole il cuore sul palmo della mano. Gli autori di oggi cercano di presentare loro stessi nella loro poesia, come avrebbero voluto essere e non come sono. Non sono poeti. Le cose non vissute sono false in poesia. In tal senso un grande poeta attuale italiano è Francesco Guccini.

Non m’interessa cosa pensano dei miei versi o libri. Non ho mai pagato la pubblicazione del mio libro. Se non ha valore per conto suo, inutile stamparlo. Non offro mai le mie poesie alle riviste, pubblico su invito e tante volte non rispondo alle richieste perché ho pubblicato tutto quello che ho scritto. Non faccio le presentazioni al pubblico dei miei libri, si vendono senza promozioni, non partecipo alle serate di poesia promosse da me e se non sono invitato in qualche occasione che mi obbliga e non perché tendo a presentarmi al pubblico. Io vuoto il sacco e poi non me ne frega più niente del destino di quel sacco. Ho svuotato il mio sacco scrivendo per liberarmi dalla nausea e non per essere popolare. Tutti i poeti o chi si crede d’essere poeta (oggi abbiamo più poeti che lettori) sono falliti da noi se hanno seguito le scie della poesia europea attuale, perché essa è in grandissima crisi e si tratta maggiormente delle esibizioni personali e non della poesia vissuta e scritta a regola d’arte. Voglio dire anche che la maggior parte dei poeti di oggi non fa differenza tra la narrativa e la poesia e non conosce bene neppure la propria lingua. Poi sono egocentrici, egoisti e senz’alcuna autocritica. Cercano solo di soddisfare la propria vanità. Perciò la gente legge sempre di meno. Chi non vende da noi, chi non è noto tra la gente, tra professori e contadini, non è uno che conta nella poesia serba. La poesia di salotto è per chi non è capace di raggiungere le vette popolari e poi incolpa la gente d’essere stupida e che la poesia è solo per i prescelti, che non hanno coraggio di sentirsi dire che scrivono delle cazzate. La poesia buona è accettata sia dal contadino, sia dal professore, ognuno dei due col suo livello di comprensione; se è scritta a più “strati” la percepisce ognuno a modo suo.

Io ho venduto in Serbia tutti i miei libri senza una pubblicità sui giornali e anche in più edizioni, anche in quattro edizioni. Ci sono i nostri poeti più popolari di me e migliori che vendono anche decine di migliaia di copie e anche in più di dieci edizioni. Non tanti, ma ciò vuol dire che non è la colpa dei lettori se non seguono più la poesia come una volta, ma la colpa è di chi si crede poeta e della critica letteraria che non esiste se non quella clientelistica e pagata. Siamo spesso presenti in TV, radio, sui quotidiani e settimanali.

Se dici: Scriverò un libro di poesia su questo tema – l’impresa è già fallita. I sentimenti, le reazioni mentali non si programmano. La poesia non è razionale, né pensata, essa sorge dalle viscere. La poesia nasce in te, ognuna per se stessa, poi quando ne hai un centinaio sei in grado di organizzare un libro di una cinquantina di poesie anche disorganizzate. Perché dovrebbero fare un insieme, mica si tratta del romanzo? La poesia non sopporta le catene mentali. Il poeta vero non ha limiti. Lui non è né di destra, né di sinistra, né d’avanguardia, né legato alla tradizione, lui è illimitato sia nei pensieri, sia nei comportamenti.

Quanto conta nella produzione letteraria il paese, le origini, la tua storia?

R. Se l’opera d’arte non è autentica, fatta sulla tua esperienza personale nel tuo ambiente nazionale, tradizionale o naturale, tu sarai in grado solo di copiare l’altro migliore di te; è ovvio che un italiano ha più sentimenti per il mare di me, mentre io capisco meglio i segreti dei fiumi come il Danubio. Io sopporto meglio la testardaggine delle donne serbe di un italiano e lui capisce meglio il fuoco delle italiane. Comunque in questo caso un italiano e un serbo hanno qualcosa in comune: tutti e due sono delle vittime del loro amore.

I grandi temi della poesia sono sempre gli stessi da Omero e Virgilio ad oggi, mica abbiamo inventato noi qualche cosa di nuovo: vita, morte, amore, dolore, fugacità, eternità, ma la differenza sta nel vestito locale. La stessa donna nei vestiti diversi. Il poeta non risolve i problemi. Lui crea solo i dubbi.

Da noi gli scrittori bravi contano. Contano su tutti i livelli sociali. Per esempio: l’altro giorno scrissi una mail, al nostro ministro per la cultura alle dieci del mattino, con una mia osservazione su una sua dichiarazione apparsa sui giornali e alle due e mezza dello stesso giorno, lui mi rispose personalmente. Il presidente di stato, di cui sono forte oppositore politico, lo scrivo nei miei articoli geopolitici e lui lo sa benissimo, ha reagito più volte anche positivamente alle mie osservazioni, ecc. Ma anche se reagisce negativamente va bene, perché rispondendo dimostra di rispettare la tua voce pubblica. Do il mio contributo solo per illustrare lo stato di cose, e questo vale per tutti coloro che contano nella nostra cultura.

Per esempio la parola del nostro regista Emir Kusturiza conta moltissimo ed e seguita da tutti da noi. Purtroppo, la maggior parte degli intellettuali e degli artisti, anche se bravi nel loro campo, sono socialmente coglioni e non s’impegnano.
Sartre disprezzava tali intellettuali ed artisti perché sono tenuti ad impegnarsi per il bene di tutti, socialmente e politicamente, usando la propria posizione e sono colpevoli se non reagiscono. Io sono stato licenziato dopo 33 anni di lavoro (poi me la sono cavata assai bene perché chi lotta ha sempre delle alternative), perché non ho voluto tacere e accettare di ubbidire ai politici coglioni.

Mi permetta di spiegarmi meglio con Sartre: “Non sono stato un uomo politico, ma ho avuto reazioni politiche a molti eventi politici… «L’écrivain est en situation dans son époque: chaque parole a des retentissements. CHAQUE SILENCE AUSSI. Je tiens Flaubert et Goncourt pour responsables de la répression qui suivit la Commune PARCE QU’ILS N’ONT PAS ECRIT UNE LIGNE POUR L’EMPECHER».
Dunque, gli intellettuali di oggi, i poeti di conseguenza, sono colpevoli dello stato delle cose se tacciono. E purtroppo tacciono occupandosi solo del loro micromondo e del loro ego.

Quali sono i tuoi autori preferiti, le letture significative per la tua formazione?
R. Tra gli italiani Leopardi, Pavese mentre I fuochi del Basento di Raffaele Nigro ritengo sia uno dei migliori romanzi italiani per lo stile di scrittura e per aver descritto la vita di gente semplice di quell’epoca. La prima pagina che descrive il bagno nel fiume di un brigante è degna di apici altissimi di letteratura mondiale.
Leggevo molto Moravia, Italo Svevo, Italo Calvino, Dino Buzzati, Dacia Maraini. Manzoni è grande, ma noioso. Leggo volentieri i libri di Donato Altomare, uno dei più grandi autori mondiali di fantascienza in questo momento. Il suo racconto di fantascienza Gli Argentati è un capolavoro. Poi autori nostri, insignificanti per voi, perché in occidente preferiscono una Susanna Tamaro, una scrittrice da strapazzo sotto il livello di compito liceale, ai nostri poeti e premi Nobel.
Senz’altro ci sono autori russi. Sergej Esenin (mal tradotto e capito in Italia) in primis, Anna Ahmatova, ovviamente lo zar della letteratura mondiale, Dostojevskij. Non dovrei dimenticare la grande letteratura francese e quella tedesca. A dire il vero preferisco i filosofi tedeschi ai loro letterati, ma i francesi sono grandi in letteratura e anche in poesia. Lorca e Tagore come tutti della mia generazione, autori cinesi e giapponesi. La poesia zingara (non rom – i rom sono delle cazzate politiche senza musica e poesia), sia popolare sia d’autore è straordinaria e spesso superiore alla nostra.

Cosa consigli ai giovani che vogliono avvicinarsi o si stanno avvicinando al mondo della scrittura poetica?
R. Solo gli imbecilli presuntuosi danno buoni consigli. Chi sono io per dare consigli ad un giovane di talento? Potrei solo sviarlo dalla sua strada, probabilmente migliore della mia, perché lui ha un futuro e io non più. Lui ha diritto di creare un mondo a sua misura e non di seguire gli esempi di questo brutto mondo che abbiamo creato soprattutto nella seconda metà del secolo scorso e che stiamo continuamente rovinando. Alla gente della mia età, bisogna vietare di uscire di casa, perché fa troppi danni ai giovani quando è slegata fuori. Ognuno deve trovare la propria strada.
Da noi si dice che non bisogna mai picchiare i propri figli se non nel caso in cui, ci si accorge che cominciano ad assomigliare a noi stessi. Ai giovani raccomando però di non pormi mai delle domande: “come e quando ha iniziato a scrivere” oppure “che cosa pensa della mia poesia”? Dopo tali domande divento subito scorbutico ed antipatico.

Cosa pensi dei reading poetici? Sono utili alla diffusione della poesia?
R. Non rispondo alle domande con le parole straniere. Avete una delle più belle lingue del mondo e usatela. La parola usata da lei in inglese è bruttissima e non si associa alla poesia ma alla superficialità umana, in cui la merda altrui odora meglio dei fiori nostrani.

Vuoi dedicare un testo, alcuni versi ai lettori?
R. Certo.

SO, CARA

A quella che mi amerà per ultima

So, cara, che goccia dopo goccia un giorno in meno mi rimane;
lasciami brindare, non ne hai colpa, tu, fatta di marzapane.

Tu, la migliore, peccato che non sia stata la prima ad avermi,
non piangere e mandami un bacio nel bel mondo dei vermi. Poi, quando i fiori avranno il mio volto sotto il cielo sereno,
dirai che se fossi stato migliore mi avresti amato di meno.

Per salutarci, donaci una tua “Golosità d’artista”
R. La pasta italiana, la pizza solo formaggio, pomodori e tante acciughe, gli antipasti pugliesi (dopo questi antipasti meravigliosi, gli altri piatti sono inutili) e la birra Peroni, bottiglie grandi, s’intende. L’insalata di polpi con un vino “leggero” primitivo di Manduria di 14 gradi e la sua mano nella mia mano.
Grazie e alla prossima…

Dina Ferorelli