Blog di Letteratura ed altro

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Salvatore Toma e l’estetica. Qualche riflessione.

Solitamente, in questo rapido viaggio nella migliore poesia italiana di questo ultimo cinquantennio, cerco di non discostarmi troppo dalla ‘collocazione critica’ degli Autori. Dalla loro ‘visibilità’ da parte della critica letteraria. Dal loro essere presenti nelle più importanti antologie della poesia italiana, da quella di Sanguineti a quella di Mengaldo, da quella di Belardinelli a quella di Vitiello (eccetera).

In un ‘ventaglio didattico’ sulla poesia del Novecento sino ad oggi (tralasciando le antologie che vogliono rappresentare il momento presente e indicare degli Autori ‘in fieri’), presenze come Raboni e De Angelis, Cucchi e Zeichen, Viviani e Valduga, Merini e Insana sono – ad esempio – impossibili da evitare o non citare. Sarebbe un errore (poi è chiaro che ciascuno abbia i suoi gusti e le sue preferenze). Epperò, non tutto ci dicono gli studi e le antologie, ci sono Autori assai validi ma che sinora la critica ha tenuto ai margini, non ha individuato come grandi poeti. Per la Puglia, questa dimenticanza riguarda senz’altro Biagia Marniti (sulla quale ho scritto un saggio, anni fa) e Salvatore Toma.

Lezioni di estetica: l’impossibilità dell’arte nel nostro tempo. HERBERT MARCUSE: l’uomo a una dimensione.

E. MARCUSE, L’uomo a una dimensione,
Einaudi 1967 (V edizione)

Con Herbert Marcuse (1898 – 1980), anche lui appartenente alla scuola di Francoforte, si giunge al punto estremo della riflessione sull’arte ai nostri tempi. In L’uomo a una dimensione (1964) Marcuse si dichiara convinto che l’arte autentica – nella civiltà capitalistica – è impossibile. L’industria culturale assorbe ogni contenuto (anche quelli di opposizione) e ne fa merce. Il ‘sistema’ è onnipervasivo. Gli stessi personaggi ribelli o diversi, presenti nella letteratura pretecnologica come fattori di disordine e trasgressione all’ordine costituito, ora vengono ‘integrati dai media, pagati, acquistati, omologati, utili ad affermare piuttosto che a negare.

Lezioni di estetica. Heidegger e la funzione della poesia nell’epoca del predominio della tecnica.

Credo che oggidì non si possa scrivere poesia o interessarsi di poesia senza tener conto degli studi e delle riflessioni di Martin Heidegger, che ci spiega chiaramente che significa scrivere poesia (Teniamo da parte il ‘biografico’ di Heidegger e la sua adesione al nazismo, qui riflettiamo sulla sua concezione estetica). Qual è il ‘compito’ del poeta e del suo stesso stare al mondo. Heidegger (1889 – 1976), in L’origine dell’opera d’arte (1936), Perché i poeti? (1946) , In cammino verso il linguaggio (1959), ci rivela la funzione della poesia nell’epoca del predominio della tecnica.

Lezioni di estetica: HANS-GEORG GADAMER e l’ermeneutica

Hans Georg Gadamer (1900 – 2002) certamente uno dei filosofi più importanti del Novecento, un punto di riferimento fondamentale sia per ‘ragionamenti’ filosofici ad ampio raggio, sia per la riflessioni sull’estetica. Hans Georg è universalmente riconosciuto come il ‘padre’ dell’ermeneutica o scienza dell’interpretazione e le sue idee sull’arte sono contenute in L’attualità del bello (1977). Si parte da una certezza: il ‘comprendere’ non è uno dei possibili atteggiamenti del soggetto, ma il modo di essere dell’esistente come tale.

Lezioni di estetica: il bello accade!

Il bello accade. Ed ecco, non possiamo più farne a meno, ne siamo catturati. Il bello ‘è’. Anche se non so davvero cosa sia. Ed è sbagliato declinare il bello sia al futuro che al passato, perché la sua dimensione è il presente. L’eterno presente. Vale per la bellezza quel che vale per l’innamoramento. L’innamorato è senza pace. E’ convinto che solo l’oggetto del suo desiderio gliela possa dare. Ed effettivamente è così. Ma che cosa cerca l’innamorato? E com’è possibile che non abbia occhi che per esso, perda interesse per tutto il resto? Delle due l’una: o è impazzito o in gioco c’è qualcosa che è anche più prezioso della propria vita. E anche l’amore, come la bellezza ‘accade’. Tant’è vero che a spingere l’uomo verso la bellezza è eros, amore.

Lezioni di estetica: la verità della poesia. La poesia è oggetto di sapere?

La poesia non è oggetto di sapere. Già Platone aveva parlato – addirittura – di ‘divina follia’. Interrogato da Socrate sul senso e lo scopo della sua attività, Jone, il rapsodo, il poeta, fa la figura dell’idiota. Tutti sanno quel che fanno e soprattutto perché lo fanno. Lo sa l’artigiano, lo sa il soldato… Jone no.
Ma a trarlo dall’imbarazzo è lo stesso Socrate il quale gli fa notare che nel suo non sapere c’è qualcosa di più prezioso di qualsiasi sapere e di qualsiasi abilità o competenza. Ed è proprio di chi, nulla sapendo, lascia che la sua anima sia invasa dagli dei.

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