Il dizionario Treccani definisce il vocabolo prudenza come «un atteggiamento cauto ed equilibrato di chi, intuendo la presenza di un pericolo o prevedendo le conseguenze dei suoi atti, si comporta in modo da non correre inutili rischi e da evitare a sé e ad altri qualsiasi possibile danno».

Pertanto, chi esegue con prudenza analizza la situazione e le azioni da compiere, valutando i rischi e le opportunità e scegliendo le modalità di azione più efficaci, per ridurre al minimo la possibilità di rischi e conseguenze negative per sé e gli altri.

L’individuo non passa all’azione d’impeto ma piuttosto si trattiene se ha il sensato sospetto che le conseguenze possano andare in una direzione non desiderata. Per essere prudenti ci vuole decisione perché bisogna fare i conti con le proprie emozioni.

Con quanto appena detto non significa annullare ogni possibile errore, poiché chiaramente nemmeno il più prudente ha il potere di prevedere il singolo evento. Bisogna prendere in esame l’eventualità di sbagliare. Tuttavia colui che agisce con prudenza diminuisce ciononostante la capacità delle potenziali conseguenze negative, impostando la strada per risolvere eventuali ostacoli.

PIERO DEL POLLAIOLO, La Prudenza (Firenze 1441 – Roma 1496)
Tempera grassa su tavola (168 x 90,5 cm), Uffizi inv. 1890 n. 1610, Firenze

A questo punto è corretto aggiungere che vi sono caratteri ponderati, che non sono assolutamente prudenti. La prudenza comporta anche essere idoneo di valersi di azioni spericolate allorquando le occasioni sono propizie. Se il fatto non è come s’è detto, non si tratta più di prudenza, ma di paura.

Quando la prudenza viene fatta arrivare al massimo, non fa più cenno a una emozione virtuosa, ma ad una questione nell’elaborazione emotiva della realtà.

Questa viene avvertita come minacciosa e, per questo motivo, ciò che si prevede è che qualsiasi azione che implica un rischio possa portare a una conclusione spiacevole o, a volte, catastrofica. In questi casi, viene rifiutato tutto quello che prevede dei cambiamenti, perché si considera “prudente” limitarsi a muoversi in terreni già conosciuti.

L’individuo che sovrastima la propria perizia e sottovaluta i pericoli difficilmente riesce nelle proprie aspirazioni. Impacci ed errori lo fanno precipitare in una condizione di disordine emotivo proprio perché lui non li aveva conteggiati e per cui non aveva immaginato un disegno di beni e soluzioni.

La prudenza pertanto è una eccellente qualità, se ben regolata. Reperire il corretto equilibrio tra emotività e razionalità consente di prendere in attenta analisi i potenziali pericoli, ma lasciandosi sempre un certo margine di elasticità per combattere gli eventuali ostacoli.

Bisogna essere coscienti dell’evento che qualche aspetto potrà continuamente sfuggire di mano, se questo si verifica non bisogna farsi pigliare dal panico, ma porre in campo la propria elasticità mentale e le proprie abilità di risolvere i problemi.

Enrico Castrovilli