La introduzione (o prolusione?) di Daniele Giancane potremmo già considerarla un unico carme, o una laudatio del Sud scritta con i piedi ben piantati in terra e tenendo presenti luci ed ombre.
Autore: Giulia Notarangelo Page 1 of 3
Giulia Notarangelo ha conseguito la laurea in Lettere Moderne presso l’Università di Bari ed è stata per lunghi anni docente di lettere nella scuola media.
Nata a Bari, ha vissuto a Palese dal 1984 al 2011. Dall’autunno 2011 è rientrata in città.
Ha sempre coinvolto gli alunni nelle sue “avventure” extrascolastiche e radiofoniche. Coltiva numerosi interessi nel campo cultural-letterario. Frequenta da oltre un decennio il cenacolo dei “Poeti della Vallisa”.
Ha pubblicato numerose recensioni sul sito di Storia Medievale dell’Università di Bari e collabora tuttora, come redattore, alla rivista letteraria “La Vallisa”.
Ha pubblicato alcune poesie in antologie e altre sillogi curate dai “Poeti della Vallisa”.
La sua opera d’esordio La teca di cristallo (Tabula fati, Chieti 2015) ha incontrato il consenso dei lettori e della critica e ha vinto il Premio dell’Editoria Abruzzese ”Città di Roccamorice” 2016, successivamente il Premio ”Nabokov” 2016 per la Poesia e si è classificata al terzo posto al “Premio internazionale di Poesia Emozioni Poetiche” 2017.
La sua seconda silloge Come se il tempo (Tabula fati, Chieti 2018), ha ottenuto lusinghieri giudizi da critici e lettori ed ha ottenuto il Premio per l’editoria abruzzese 2018, per autori non abruzzesi.
È stato amore a prima vista quello per questo piccolo libro dalla copertina con quell’immagine dagli orizzonti infiniti, con quelle rocce, macchiate qua e là da cespugli e alberi, con quel pellegrino seduto di spalle che guarda lontano … quegli animali accoccolati … Quasi canti di pastori erranti!
POETA
Ho provato
a sfondare
pareti
di paroleHo cercato
la chiave
della tua
ricercadi SENSO.
(1° giugno 2018) A Maurizio
G. NOTARANGELO, Quel che resta, Tabula fati 2018
Una poesia accattivante, una poesia che ti fa sentire a casa, viva, immediata, verde pur in una veste semplice, ma raffinata.
Una poesia ricca di ascendenze eppur originale, una poesia che riesce a coniugare sogno e realtà, ad amalgamare cuore e ragione, Natura, uomo ed Ecologia. E tutto avviene in maniera “lene” (Non è facile fare verde). In questo caso chi scrive riesce a rendere poesia lo slogan e il senso della sua Associazione di appartenenza, Fare Verde.
Ben scritto, poliziesco (?), labirintico, ma non è tutto qui. Tanti ambienti circoscritti e una girandola di personaggi. Ogni capitolo è una storia a sé, quasi una monografia. Ci ho messo un po’ ad addentrarmi in questa lettura anche perché il giallo, come recita il frontespizio, è un genere che frequento poco.
Mai dono fu più gradito. Già la premessa di Lord Byron è un programma. In poche elette parole condensa un profondo significato in un gioco tra ombre e realtà, ombre e creature della mente.
Attraversammo le porte del sogno è un titolo suggestivo che basta di per sé: include e allude. Lascia presagire qualcosa di insperato, di primigenio, di fiabesco: una fiaba appare l’incipit. È come una scenografia che man mano si compone, si definisce, si chiarisce, si apre, si allarga ed appare in viaggio/sogno Erevan, città capitale dell’Armenia.