Vito Davoli è una singolare figura di poeta/giramondo, visto che è stato per molti anni soprattutto nei Paesi dell’America Latina e lì ha intrecciato relazioni letterarie e umane con poeti e scrittori.

Profondo conoscitore della lingua spagnola, oltre all’attività di poeta (è in uscita un suo nuovo volume Carne e Sangue), è redattore della rivista ‘La Vallisa’ (e i seguenti testi appaiono nel numero 117) e un acuto analista di testi letterari, oltre ad essere un vulcanico blogger, curatore di testi (come Surrealia) e ideatore di iniziative culturali.

Nella sua poesia sovente domina un ‘tu’, che a volte è un altro/altra, altre volte è un dialogo con se stesso.
Una poesia di domande e di riflessione sul mondo.

Di seguito alcune “poesie spagnole” edite nel n. 117/2021 de ‘La Vallisa’ ed altre estratte dalla nuova silloge Carne e Sangue, di prossima pubblicazione.

LA BLANCA SEMILLA

De las palabras no cojiste la blanca semilla,
no diste tiempo a su gestación lenta
mientras iba esforzandome en un broma
sin mirar nunca las agujas
de líquidos relojes.

Dejé la piel a explotar burbujas de ansiedad
sobre el fuego crepitante de cada silencio tuyo
y tan pronto mis palabras transparentes de agua
se hicieron hielo al frío.

De la pureza aún guardan el blanco.

* * *

IL SEME BIANCO

Delle parole non cogliesti il seme bianco,
non desti tempo alla sua gestazione lenta
mentre mi arrovellavo in uno scherzo
senza guardare mai quelle lancette
di liquidi orologi.

Lasciai la pelle a scoppiettare bolle d’ansia
sul fuoco crepitante di ogni tuo silenzio
e così presto le mie parole trasparenti d’acqua
al freddo si fecero ghiaccio.

Ma di purezza ancora conservano il bianco.

MORS TUA

Ermetico stanotte veglierò per aspettarti
da qualunque spiffero tu scelga di arrivare,
ovunque tu decida di fermarti
stanotte veglierò
perché verrai, lo so,
a planare sulla mappa scura delle mie lenzuola
e aleggiando per sbaglio verserai
gocce d’inchiostro su qualche riga tutt’acqua e sapone.
Ti aspetterò per questo.
Stanotte veglierò
per sudare respirandoti nei fumi del Favonio
quando sentendo scorrerti col sangue
mi immobilizzerai
senza impugnare la lucerna del padrone.
Tu tratterrai il tintinnio di chiavi
che non ti serviranno
per non svegliare chi non dormirà
perché io ti aspetterò
rubando uno alla volta petali gravidi di cielo
da una persiana ansiosa
perché da lì verrai, lo so
ed io stanotte veglierò
e per tutte le notti fino a quando
tu non decida davvero di arrivare
almeno fino a che io ci sarò.

EL CIELO DE SANTIAGO

Alto era el cielo a Santiago
por encima de la Sierra.
Nunca bajaba.
Allì abajo, nuestras manos azules enredadas
llamaban a la euforìa
y blasfemaban palabras de felicidad.

Veìa el plomo de las nubes en tus ojos
y deleitaba la poesia hablando de reflejos
sin darme cuenta de oscuras profundidades.

Cuesta abrir la mano
dejarte ir al sol de los dias
que no me pertenecerán
a pesar que la verdad
devore un porvenir que no existió.

* * *

IL CIELO DI SANTIAGO

Alto era il cielo a Santiago
sopra la Sierra.
Non veniva mai giù.
Le nostre mani azzurre lì sotto intrecciate
chiamavano all’appello l’euforia
e bestemmiavano parole di felicità.

Vedevo il piombo delle nubi nei tuoi occhi
e deliziavo la poesia parlando di riflessi
senza vedere opache le profondità.

Costa aprire la mano
lasciarti andare al sole di giorni
che non mi apparterranno
nonostante la verità
divori un futuro inesistito.

HYBRIS

Questa notte avrei voluto non finisse
e ad una luna tenace, insistente
le luci un canto nuovo avrebbero affiancato.
Avrei voluto la mia Alcmena ed il mio tempo
soggiogato come in una corrida,
la fiamma flebile e discreta di un bivacco,
vino e formaggio in agri taciturni.
Ma il tempo che mi aspetta non ha requie
e perciò stesso non me ne concede,
se non un po’ a pagare la mia tracotanza:
aver provato a essere come Dio
quand’ero un bimbo.

ARCOIRIS

Habian colores bajo de la lluvia
y reflejos de luz
violeta azul y roja
como en un sueño desfocalizado
por la tarde.

Habian sonrisas tomadas de la mano
bajo de un arcoiris del alma.
Habian cielos y alas
percepciones de infinido
escupios de eternidad.

Habian otros colores
detrás de ti y de mí
y descubrir que no era mas que esto:
un cuartito sencillo que arreglar.

Habian mentiras
Un arcoiris en blanco y negro.
La lluvia escampa
junto con unas rimas.
Vuelve feroz el sol
a derretir heladas ilusiones.

* * *

ARCOBALENO

C’erano colori sotto la pioggia
e riflessi di luce
violetta azzurra e rossa
come in un sogno sfuocato
a pomeriggio.

C’erano sorrisi presi per mano
sotto un arcobaleno dell’anima.
C’erano cieli e ali
percezioni di infinito
sputi d’eternità.

C’erano altri colori
dietro di te e di me
e scoprire che non era più di questo:
una stanzetta semplice da rassettare.

COME IN UN ATTIMO

Ti ho cercata come archeologo
le impronte di altri tempi,

come schiena affaticata nel Favonio
qualche traccia di germogli di stagione.

Ti ho cercata nei drappeggi sottosquadro
della tua anima inquietata d’intemperie

nei pazzi capitomboli del cuore
che come aromi insaporivano blandizie.

Perfino dentro i vortici del vento
ti ho cercata
quasi inventata
come la forma nuova di una nube

e ti ho trovata fra temerarie pieghe di lenzuola
come in un attimo che non conosce il tempo che gli resta,

fra sogni ed incubi di corpi affaccendati, lì ti ho scorta
sulle erbe umide della Murgia spiovuta,

su clandestini cofani di auto a luci spente nella notte
dove le stelle sono un’ambizione e mai la casa.

Resta in attesa un mondo da abitare e sono lì.
Nulla ti chiesi se non la verità che non ottenni.

E poi null’altro tu chiedesti a me
beffardamente superati da noi stessi.

Adesso studio le rovine più alla luce,
reperti incerti che non seppi mai.

Alle intemperie ho abbandonato il campo
e le speranze della semina trascorsa.

Ancora così giovane eppure così stanco.
I tuoi alfabeti non decifrerò.

GOLEM

Sei il ritmo del mio dattilo
ed io ti faccio il verso.

Sei pelle anima carne:
io costruirò qualcosa che somigli a un uomo.
Del sole e della luna avrò bisogno
e delle luci che trascorrono lontano dalla strada.

Sei la scansione del mio tempo breve.
Io mi ricostruirò
fra le rovine del mio tempio
oramai freddo maledetto e greve.

Daniele Giancane