Loredana Lorusso, che finora non ha pubblicato libri di poesia (ma è presente in varie antologie), è ormai da considerare ‘poetessa dell’erotismo’ e dell’amore.

Quasi nessuno come lei canta – in maniera ininterrotta e ‘totalizzante’ (nel senso che raramente scrive d’altro) – questo aspetto dell’esistenza umana e lo fa con una leggerezza inusuale e con immagini spesso sorprendenti, come si nota dai testi seguenti editi nel numero 117 della nostra rivista.

L’OSTRICA

Come ostrica a te mi offro
perché tu possa godere del mio frutto bagnato.
Le mie valve a te schiudo
perché la madreperla possa accoglierti ed avvolgerti.
Assapora i miei palpi sottili
succhia il dolce mio sangue bluastro
Sii il pepe e il limone della mia polpa.

IL BOSCO

Nel bosco ci si perde
io invece mi ritrovo,
ferma qui ad ascoltare
ciò che da sempre voglio.
Trattienimi nell’ombra.
Fa tue le mie radici.
Trasfondimi il tuo sangue.
Pulsami senza sosta.
Muschiami l’epidermide.
Scrostami queste ossa.
Accordami le voglie
al suono delle foglie.

Nata nell’equinozio d’autunno a Bari, neofita della poesia, biologa ricercatrice di professione, studia il cervello «ma tento di dar voce al cuore. Devo il mio approccio all’arte del verso, al Professor Daniele Giancane che, a giugno del 2020, mi recluta nel suo Laboratorio “Garcia Lorca”. Qui vengo da tutti soprannominata “lo scricciolo”».

Scrive d’amore, un sentimento che, «al pari degli elementi all’origine della vita, era per me sicuramente presente nel brodo primordiale. Non ho ancora pubblicato nulla, a parte due mie poesie nel libro “Odi Alimentari” di D. Giancane, e nel “Kief Book” di A. Chieffo».

L’ASSENZA

Della mia assenza non farne un’abitudine
come dormire o come respirare
o come quelle cose
che quasi non ti accorgi più di fare
Potrebbe soffocare di noi il canto
la mancanza che grida
il cuore infranto.
Della mia assenza non farne un’agonia
a cui ci si rassegna
svuotati d’energia
Della mia assenza fanne sete e fame
qualcosa ti ricordi che sei vivo
il batticuore prima di un esame
Fanne un colore, per esempio il nero
come quel neo che mi fa dolce il seno
Fanne uno sfinimento di impeto e passione
Fanne erotismo, fine trasgressione
Le avide braccia di una notte insonne
un bruciar di tormento,
un languido lamento.
Tu fanne un solco nell’incavo del quale
posso insinuarmi e dentro te restare.

TEMPO

Che ne faccio
di questo tempo
residuo,
chiasso di silenzi
luce d’ombra
Potrei farne
di una matassa
un filo
preso da oscura nuvola lucente
e lavorarlo
fino
a farne nidi d’amanti
e valli sconfinate.
Spento bagliore
sarebbe
pudore di bordelli
se solo lo sprecassi per incuria.
Perché non faccia una figura
oscena
lo affronterò
con il coraggio della mia paura.
Se in una mappa
di ciò che mi rimane
è già tracciato,
mi perderò
ritrovandomi
lì dove il mio cammino
è cominciato.

VERRA IL GIUDIZIO

Te ne renderà conto
l’amore
di tutte quelle volte
in cui ha bussato
ferendosi le nocche
delle dita
E tu, temendo
d’essere giudicato,
alla coscienza
gliel’hai data vinta
È questo il vero senso del peccato,
l’errore, la sconfitta
il fallimento:
quando l’amore ti ha scelto
ed incrociato
e tu per quieto vivere
l’hai ignorato
Quando ti sei saziato di passione
Quando lo hai snaturato
gli hai tolto la ragione
E l’hai lasciato indietro
sui tuoi passi
senza voltarti
tra sabbia, fiele e sassi
Quando non l’hai difeso
da chi te lo ha rubato
Quando lo hai deriso
sfregiato, trascurato
Quando lo hai catturato
e fatto prigioniero
O quando gli hai impedito di volare
strappandogli le piume ad una ad una
O quando gli hai zittito
l’urlo in gola
Verrà il giudizio
e non sarai esentato
Perché anche l’amore
vuole sentirsi amato.