Giuseppe Zilli è una presenza interessante dell’area salentina, perché coniuga l’incessante lavoro di scultore (ha già tenuto diverse mostre e ne prepara un’altra a breve) con quello di poeta.

Il filo rosso tra le due dimensioni artistiche è il culto e il fascino della pietra, che egli vede e interpreta non come pura ‘mineralità’, ma come essenza viva e parlante, custode del tempo.

La pietra ci è compagna e certifica la nostra identità. Così la sua poesia (di seguito alcuni testi che appaiono sul n.117 de ‘La Vallisa’) è un costante richiamo al mondo della pietra: «ricami di pietra / il profumo dello scalpello scava / una tenda di pietra / scatole calcaree / pietrificano l’acqua».

Giuseppe Zilli è nato a San Donato di Lecce, dove vive e lavora: “cercatore di pietre” gira per le campagne a parlare con i “Cuti” della campagna salentina. Segna percorsi con linee verticali per toccare il cielo con le parole.

ricami di pietra
colonne che si alzano
verso il cielo.

il profumo
dello scalpello scava
lasciando solchi leggeri.

l’ombra accarezza i contorni,
disegna confini,
il colore del sole

appena sfornato
patina la pelle.
occhi pigri

cercano l’armonia.
un uragano attraversa
il cuore, prima

di ubriacarsi di
bellezza, arrendersi
alla sua avventura.

una tenda di pietra,
alte pareti
bagnate dal sudore.

briciole di pane
si mischiano all’odore
di acqua appena tagliata.

scatole calcaree
ammassate, gli occhi
infrangono una luce dorata,

le mani ascoltano
il battito, prima che il segno,
prima che l’occhio

penetri e succhi
il vagito millenario
dai colossi di polvere

che nutrono il sudore
e antichi monasteri
celebrino il loro rito.

ciuffi verdi
come ciglia
attaccati al silenzio

dipingono la notte
di un concerto mai fatto.
diffusori di odori

pietrificano l’acqua
quando scorre
nelle vene incrostate

dove abita la polvere,
dove sono le ciglia di
sabbia quando il vento

spranga le serrature
e trattiene le preghiere
dell’ultimo cavatore.

Daniele Giancane