Immediata, schietta , diretta la poesia di Giuseppe Zilli, che con ritmo incalzante esalta un amore direi “fusionale” del poeta con la terra… la sua terra. Un profondo dialogo interiore, che si fa musica, armonia nel cuore , nelle pietre e nei suoi versi incalzanti, le “pietre lo chiamano” in un dialogo aperto, un’ interazione continua con la propria anima.
Domani 23 gennaio, alle ore 18.30, incontro presso la libreria Roma con Giuseppe Zilli, di San Donato di Lecce.
Numerose le testimonianze della sua arte scultorea, come la partecipazione alla 54° Biennale di Venezia e la messa a punto di libri d’artista.
Riporto oggidì la mia prefazione a un testo di poesie di Giuseppe Zilli, di San Donato di Lecce,noto sinora essenzialmente come scultore e direi di ‘ricercatore dell’anima della pietra’.
In effetti, io penso che tutto abbia un’anima e certo ce l’hanno anche le pietre. Esse soffrono, partecipano, a loro modo pensano. E così Zilli ogni tanto pubblica anche testi di poesie in cui protagonista è appunto la pietra leccese. Testi brevi, ma intriganti. Un connubio uomo-pietra assolutamente straordinario.
Giuseppe Zilli è una presenza interessante dell’area salentina, perché coniuga l’incessante lavoro di scultore (ha già tenuto diverse mostre e ne prepara un’altra a breve) con quello di poeta.
Il filo rosso tra le due dimensioni artistiche è il culto e il fascino della pietra, che egli vede e interpreta non come pura ‘mineralità’, ma come essenza viva e parlante, custode del tempo.
L’uru è un personaggio tipico del Salento, un piccolo gnomo a cui piace nascondere gli oggetti e poi farli trovare successivamente.
Si era alzato presto come ogni mattina Gino. Come tutte le mattine, aveva preso la sua bici senza copertoni e si era incamminato per andare in campagna.
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