L’amore “fusionale” del poeta con la terra e con la pietra

Immediata, schietta , diretta la poesia di Giuseppe Zilli, che con ritmo incalzante esalta un amore direi “fusionale” del poeta con la terra… la sua terra. Un profondo dialogo interiore, che si fa musica, armonia nel cuore , nelle pietre e nei suoi versi incalzanti, le “pietre lo chiamano” in un dialogo aperto, un’ interazione continua con la propria anima.

L’artista, il poeta ascolta la terra, ascolta le note vibranti delle pietre, che diventano musica, sullo spartito della vita, “musica del cuore”.
Come un fiume torrentizio scorre attraverso campi, dune, piante, poi rallenta, si guarda intorno, s’incanta , ricerca e porta alla luce “preziosi tesori”, che solo chi ha la “musica nel cuore” riesce a cogliere.

G. ZILLI, Ricami di pietra, Tabula fati 2023
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Affiora in questa armonia l’attenzione, la “denuncia ambientale” «…accendono riflettori su terre martoriate».
Le sue poesie: un turbinio di immagini, profumi, colori, silenzi, lacrime, petali, aquiloni, pensieri, vibrazioni, sensazioni che prendono forma nelle sue “amate pietre, nei suoi versi” e viceversa.

L’autore osserva, medita, s’incanta, s’illumina e illumina, poi riprende il suo cammino, per assaporare altre vibrazioni ed emozioni. I pensieri, le parole scorrono come morbide onde , zampillando nel flusso accogliente e frizzante della sua poesia e travolgono il lettore che si lascia accarezzare, coccolare , coinvolgere e travolgere in questo universo velato.

Dico grazie a Giuseppe Zilli per avermi accompagnata in questo universo di luce, di pietre, di vibrazioni pulsanti, di musica, di vita. Grazie anche al Prof. Daniele Giancane per queste preziose proposte e sollecitazioni.

A titolo esemplificativo riporto alcuni versi tratti dalla silloge:

allevo silenzi,
verso ozi in
otri di pietra.
cerco linee sui massi,
annaffio l’inquietudine
la coltivo in serre colorate.
strani solchi
tracciati da
rastrelli
con mani tremanti
pulsano
virtù secolari.
conservo in un cassetto
le parole non dette,
i fogli bianchi
li appallottolo,
ne ho una stanza piena.
mi serviranno altri spazi
poi li cancellerò
spariranno così le tracce delle mie
occasioni perdute.
occuperò il tempo a
guardare orizzonti trasparenti,
a ciondolare tra
pozzanghere d’inchiostro,
a disegnare
con le mani nel vento
a poltrire su foglie d’alloro
riversando sulle pietre
la fatica
di giornate bianche,
accadrà tutto subito
e il cielo non piangerà.

Rosa Costantino

La “fioritura” della pietra, fino ad annusarne l’anima

La poesia ci trascina in un sogno, lo stesso in cui ci introduce Giuseppe Zilli con i suoi Ricami di pietra. Un poeta che canta e modella, con versi e a mani nude, l’incorporeo, il simbolo della staticità, colei che sopravvive all’uomo: la pietra.

«Ascolto il colore della pietra, la corteggio»

E sembra addirittura annusarne l’anima quando ci descrive il suo levitare nell’osservarle, come in un amplesso. Zilli racconta la fioritura della pietra affidandosi al “respiro breve” della poesia, quasi degli haiku i suoi brevi versi che richiamano l’essenzialità della pietra.

Il suo è un animismo fascinoso, quasi un atteggiamento Zen nei confronti della sua terra, il Salento, di cui Zilli onora la sacralità.

Come ci fa notare Alfredo Vasco , Zilli è uno sciamano che nel corso della serata di presentazione del testo presso la Libreria Roma a Bari, ci decodifica il mistero che la pietra racchiude, la sua energia purificatrice (alla base della cristalloterapia), la sua ieraticità, persino la sua voluttà con cui continua a sedurlo fin dal giorno in cui ragazzino, cadendo da una scala, si è ritrovato sano e salvo tra i suoi “cuti” .

«Distilleroòi pensieri tra cumuli di pietre».

Loredana Lorusso

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