«Il consumo delle “Contraddizioni” sembra il principio (o l’indizio) ispirativo di questo esordio poetico: V. DAVOLI, Contraddizioni, pp.104, Edizioni Leucò, Molfetta (BA) 2001.

Il tempo, i modi, i luoghi, la festa, l’inverno, il fatto locale, la favola accesa da un ricordo, la sera, la terra, il giorno e innumerevoli altri propositi e proposte tematiche che sono alle origini e al centro della Cosa.

Non che sia facile guarire dalle contraddizioni, ma l’idra da cui intanto sono guidate, giunge sempre a una rettifica di esse, quando grondano di dissapori e quando cercano di moltiplicarsi nel continuum della vita comune.

Vito Davoli prospetta primi e secondari conflitti, movimenti esistenziali, scorte di natura promiscua, essenze di bagliori civili e di notizie umane, contemporanee. Niente è arcano in questi effetti d’opera e niente si utilizza come propiziatorio alla morte delle contraddizioni!

Si sogna di esse; l’autore promette di tornare quando non lo dice e quando sono mozioni impellenti dell’io e del non io; quando appartengono alla storia e quando la comunicazione di essa diventa poesia, sia in senso automatico e libero, sia quando la testualità oscilla fra il poemetto incompiuto e il madido e disteso scrivere versi per essere nel dire, per cogliere il meglio di quanto ha letto e compreso dei classici antichi e ormai d’oggi.

«Così mi nutro tagliuzzando / fra i segreti dei tuoi occhi un amore sanguigno: / ne bevo ogni singola goccia / e cado fino a lambire ogni avanzo. // Così. Avido di strapparti / a tutto ciò che non mi riflette / ti cerco fra ogni singola goccia che piange l’anima / e continuo a rovistare rabbioso / fra ciò che di te resta tuo. // Così. Sanguigno.» (Così, p.42).

Nello stesso spettacolo emozionale e oggettivo, le acerbità si nascondono in flussi d’intelligenza, quasi distanti dall’immagine di “esordio”, assunte in larghi termini di irregolarità tensiva, strutturale, ed echeggiamenti di prosa poetica, maniere assertive spontanee, metaforiche, ardite, e ferite, la cui trama diviene viscerale, forse mediterranea a tutta dismisura, in cui qualcosa sempre soffoca e l’umano resta irretito in uno specchio senza ottimismo.

La solerzia di tutta questa inquietudine non fa la poesia ma rende un servizio all’assestamento propedeutico al percorso coraggioso che un giovane si propone, tra l’altro evitando la balbuzie dell’esperimento sconnesso e ormai tardivo per la storia del verso all’alba del nuovo millennio. Certi sintagmi non occultano misteri di espressione, il verso è a disposizione del suo élan vital anche quando non è necessario e il troppo dire non fa che disdire l’equilibrio della poesia ancora ingordo di sé. Qui oasi calda, qua e là manieristica, a volte necessaria usata come stimolo alla provocazione.

Vito Davoli tenta nel miglior modo, quindi, di costruire il muro della sua salita alle nubi, da dove potrebbe scoprire il cielo, comunque aperto su qualcosa che certo sa in tutto leggere e in tutto scoprire, grazie a una positiva e possibile volontà in potenza!».

Domenico Cara

V. DAVOLI, Contraddizioni, Edizioni Leucò, Molfetta 2001

«Il discorso poetico è ricco e complesso, a tratti difficile, sempre persuasivo per originalità e invenzione: penso, in particolare, a “Notturno della stanza e della terra”, a “Vittoria”, a “Girasole al vento”, a “Spiaggia di Gennaio” e ad altri testi di tanta efficacia e verità».

Giorgio Barberi Squarotti


«Ho letto volentieri le Contraddizioni che sono, appunto, proprio contraddizioni, a mio avviso, sia chiaro, in termini positivi: ovvero le contraddizioni del sapere usare come pochi (e quindi preziosi) la lingua italiana, con grande rispetto di scelte verbali e costruzioni, e nel contempo essere uomo del nostro tempo, abitatore di una realtà e di un tempo nei quali l’uomo è zero o poco, ma molto poco!

Ebbene, non si è lasciato travolgere, un giovane, da provocazioni di “nuovo” ad ogni costo, ha anzi rivalutato il piacere dello scrivere e del leggere senza nascondere al lettore e a se stesso l’aspetto fondamentale della poesia e della vita: l’emozione!».

Mauro Dentone


Contraddizioni mi è parso un libro interessante e sapido, tanto nei movimenti più distesi, quanto nei guizzi aforistici più rapidi e concentrati.

I versi di quest’opera prima rispecchiano senza dubbio una sensibilità non comune, documentata, pagina dopo pagina, da metafore inconsuete e da certi arditi accostamenti di parole, nell’intento spesso riuscito di superare un “repertorio masticato” (p. 62).

La silloge rivela subito un abito riflessivo intessuto di interrogativi, intuizioni e induzioni, una trama meditativa intrisa non solo di razionalità, ma anche di sensualità, gusto coloristico e capacità di sognare, certo in antitesi alla vacua “retorica dei giorni” (p.38).

Si toccano quasi con mano i paradossi della contraddizione introdotti dalle incursioni della realtà esteriore ed interiore. Sono pure evidenti i diversi periodi di sedimentazione emotiva e poetica, dal disorientamento e dall’incertezza esistenziale di alcune pagine iniziali, così tipica soprattutto dei nostri tempi (anche come topos letterario), fino alla fase di spasmodica ricerca di “chiarezza e sensi di marcia” (p.83) in mezzo a tante “certezze preconfezionate” (p.62).

Marco Ignazio de Santis
Poi prefazione alla seconda edizione del testo (ristampa 2021)


«Bellissimo munus poetico il libro Contraddizioni, densamente coinvolgente e originale e, a quanto mi è parso di capire almeno ad una prima lettura, portatore di un senso nuovo e di una nuova spaziotemporalità».

Fabio Dainotti