S’è parlato della poesia ‘storica’ per l’infanzia, quella dei Carducci e dei Pascoli, di Pianto antico e Valentino, straordinaria e indimenticabile.

Esiste però un’altra poesia, dalle tinte fortemente spirituali, che ci viene dall’India. Quella di Rabindranath Tagore (1861 – 1941), premio Nobel 1913.

Poesia dedicata all’infanzia e forse più alle madri. Al miracolo di essere madre. A quell’essere venuto – il neonato – da chissà quale profondità dell’Essere. Dal desiderio del cuore. Questa nuova vita appartiene al mondo intero, ma è stato donato a quella madre, come una magia.

Da dove sono venuto? Dove mi hai trovato?
Domandò il bambino a sua madre.
Ed ella pianse e rise allo stesso tempo e stringendolo al petto gli rispose:
tu eri nascosto nel mio cuore bambino mio,
tu eri il Suo desiderio.
Tu eri nelle bambole della mia infanzia,
in tutte le mie speranze,
in tutti i miei amori, nella mia vita,
nella vita di mia madre,
tu hai vissuto.
Lo Spirito immortale che presiede nella nostra casa
ti ha cullato nel Suo seno in ogni tempo,
e mentre contemplo il tuo viso, l’onda del mistero mi sommerge
perché tu che appartieni a tutti,
tu mi sei stato donato.
E per paura che tu fugga via
ti tengo stretto nel mio cuore.
Quale magia ha dunque affidato il tesoro
del mondo nelle mie esili braccia?

Daniele Giancane