Un’altra poetessa da ricordare è senza dubbio Michela Lacetera di Bitonto, portata via da un tumore in età piuttosto giovane (avrà avuto fra i 40 e i 50 anni).

Nel suo unico libro, Nel tempo che non c’è (1986), io stesso scrivo in prefazione che la poesia di questa Autrice è indirizzata soprattutto al rammemoramento dell’infanzia come tempo delle possibilità e ai temi sociali (la condizione della donna, la pace ,la droga ,l’ecologia).

Si tratta di una sensibilità acuminata, attenta al volgere delle stagioni ed alle ‘voci di dentro’.
Una poetessa che avrebbe potuto dare molto, ma la sorte ha voluto diversamente.

Noi, però, pratichiamo poeticamente l’arte del ricordo (Nei testi che seguono si fa riferimento alla morte ed esplicitamente al timore che la morte giunga presto, ma quando li scrisse non c’era alcuna avvisaglia della fine incombente: evidentemente l’anima sa cose che noi razionalmente non sappiamo).

Lasciate che io possegga
con un colpo di ciglia
tutto il passato,
che ricominci a vivere,
nata or ora.
Di me so solo che sono
e che voglio vivere d’amore.
Lasciate che con un battito d’ali
Io accolga senza temere
l’ora del tramonto

Dopo un’altra delusione
corro verso il mare
a ricercarmi un orizzonte.
Ma par che mandi un gemito quell’onda
che s’infrange
sulla scogliera
– Persino le mie acque han deturpato,
i pesci fan naufragio in nere chiazze.
La mia vita si spegne ogni giorno.
Così pare che dica l’onda.
È il pianto del mare
che invoca saggezza.

La morte trama a mia insaputa
la fine
dell’affannoso cammino.
E mi sorprendo a barattare
Con lei lunghi giorni,
in cambio di aneliti più veri.

Un figlio non nato
non chiederà mai il senso.

Pure t’ho amato
e t’ho sentito palpitare.
Per te sognavo
e parlavo dei giochi.
Poi, ancora embrione,
sei fuggito.
Forse non hai creduto
al racconto di una vita
che ne vale la pena.

Quando sento un fuoco
dentro l’anima
è allora che sta nascendo una poesia”

Daniele Giancane