Bari e gli Armeni

“Chi trova un amico trova un tesoro”, recita un antico proverbio, e io un amico sincero ce l’ho, vive a Stepanakert, nel Caucaso meridionale. Sono stata in pena per Vardan Hakobyan e per la sua famiglia, a causa del recente conflitto nel Nagorno Karabakh. Ho seguito le tristi vicende in televisione e sulla stampa, ho visto le macerie di luoghi bellissimi che ho visitato e il mio cuore sanguinava, pensando alle interminabili sofferenze del popolo armeno, perseguitato sin dai primi anni del secolo scorso. Il villaggio Nor Arax di Bari – il cui nome è mutuato dal fiume Aras che scorre tra l’Armenia e la Turchia – ne è una testimonianza.

Hrand Nazariantz (1880-1962)

Il primo esule ad arrivare nella città di san Nicola fu, nel 1913, il grande scrittore, poeta, traduttore e giornalista Hrand Nazariantz (1880-1962). Un intellettuale di vasta cultura che intrecciò relazioni internazionali e che, nel 1953, venne candidato al Premio Nobel per la Letteratura, poi attribuito al britannico Winston Churchill. Nazariantz fu amico di Verga, Pirandello, Marinetti, Umberto Zanotti Bianco e altre personalità, ma morì poverissimo. Tradusse nella sua lingua vari lavori, compreso due novelle di Grazia Deledda e il Manifesto del Futurismo. Il famoso poeta Daniel Varujan (1884-1915, trucidato dai turchi) lo aveva paragonato a Mallarmé, definendolo «poeta della luce». Le poesie di Varujan sono apparse in Italia con la traduzione della scrittrice di origine armena Antonia Arslan.

Nazariantz si prodigò molto per i suoi connazionali tanto che, nel 1919, arrivarono nel capoluogo pugliese altri profughi perseguitati dai turchi. Quasi tutti provenivano dall’Anatolia, una terra celebrata nei romanzi dell’Arslan. Nel 1924 fu concesso loro un terreno dove edificarono il villaggio Nor Arax che ancora esiste in via Amendola. I talentuosi arrivati diedero vita a una rinomata fabbrica di tappeti tra i cui eredi vi è l’imprenditore Rupen Timurian, decano degli armeni di Bari.

Bari, villaggio NOR ARAX dove, dal 1926, risiede la comunità armena
Khachkar di Bari

Dal 2013, una croce di pietra, denominata khachkar, realizzata e finemente istoriata dallo scultore armeno Ashot Grigoryan, ricorda il dolore e la fede di quanti perirono durante il primo genocidio dell’epoca moderna. L’opera è posizionata sul piazzale Cristoforo Colombo, nello spazio antistante l’Autorità Portuale di Bari. Accanto alla stele vi è una lapide dedicata a Nazariantz presso cui si svolgono le cerimonie commemorative organizzate dalla diaspora. Partecipo da anni a tali eventi anche per esprimere l’affetto e il trasporto per la loro cultura che ho incrociato da bambina. Difatti a Forenza, mio paese natale, gli armeni erano presenti sin dall’anno Mille. Il culto della Madonna dell’Armenia è tuttora vivo e si possono ancora ammirare i resti di una chiesa a Lei dedicata.

L’Artsakh

Gli armeni sono sensibili all’arte, alla poesia, alle bellezze della natura e sanno accogliere amorevolmente gli stranieri. L’ho sperimentato ogni volta che ho soggiornato nelle loro città, ospite delle Associazioni Scrittori dell’Armenia e del Nagorno Karabakh. A Yerevan come a Stepanakert ho piantato degli alberi ai quali è stata apposta la targhetta “Italy”. Ho girato e letto versi in compagnia di celebri autori, tra cui il siriano Adonis.

L’Artsakh o Nagorno Karabakh, confina con l’Armenia, l’Iran e l’Azerbaigian. È uno stato a riconoscimento limitato, autoproclamatosi indipendente dall’Azerbaigian, dopo il conflitto del 1992. La popolazione conta all’incirca 150.000 abitanti. Durante i disastrosi attacchi bellici del 2020 molti cittadini si sono rifugiati nella vicina Armenia e anche i territori si sono ristretti.

La Repubblica dell’Artsakh è ricca di foreste, suggestive montagne e corsi d’acqua. La popolazione si nutre di prodotti genuini coltivati da mani laboriose. Il lavash, il pane nazionale, è autentica poesia.
Nell’Arsakh vivono soprattutto armeni, con alcune minoranze curde e russe. Si parla armeno e russo, con incursioni nell’inglese, specie nei centri turistici. Va precisato che l’armeno dei karabakhi è un dialetto locale diverso dalla lingua in uso in Armenia. La moneta corrente è il dram armeno (in italiano dracma) che circola insieme al dram karabakho.

La traduzione

Ho tradotto e pubblicato parecchi poeti armeni. Nel 2015, in occasione del Centenario del genocidio, ho inteso omaggiare i martiri, traducendo le liriche di varie autrici che ho presentato in diversi contesti.

Tra gli autori viventi di cui mi sono occupata vi è il poeta e pittore iraniano, di origine armena, Varand Soukias Koorkchian, docente presso l’Università di Teheran. Da anglista traduco dall’inglese, considerato che dalle nostre parti vi è penuria di traduttori dall’armeno. Certo, il doppio passaggio non agevola la versione nella lingua di Dante, ma il lungo esercizio e la passione per quella letteratura hanno un ruolo non da poco nella migliore resa possibile.

Puntualizzo, tuttavia, che a Bari vi sono seri studiosi della cultura armena che perlopiù fanno capo al Centro Studi Hrand Nazariantz, presieduto dal prof. Carlo Coppola, all’Associazione Armeni Apulia, di cui è responsabile il già citato Rupen Timurian, e al Centro Studi e Ricerche di Orientalistica. Quest’ultimo sodalizio, fondato e presieduto dal 2012 dall’accademico siriano-armeno Kegham Jamil Boloyan, è un organismo internazionale che si propone di intrattenere contatti tra l’Oriente e l’Occidente. Ai pregevoli lavori del prof. Boloyan si affiancano le interessanti pubblicazioni dei docenti Carlo Coppola e Cosma Cafueri.

Vardan Hakobyan

Vardan Hakobyan, classe 1948, è nato nel villaggio di Harpagetuk (Qaring), nella regione di Hadrout (Artsakh). Poeta e drammaturgo, ha iniziato a scrivere all’età di 11 anni ed è considerato un intellettuale di spicco in patria e all’estero.

Il poeta e drammaturgo Vardan Hakobyan, 1948

È stato tra i leader più attivi nella lotta per la liberazione dell’Artsakh di cui ha scritto anche l’inno nazionale. Ha ricoperto cariche di rilievo in politica e nella cultura. Nel 1988 è stato deputato del Consiglio Regionale del Nagorno Karabakh. Ha fondato varie riviste e la casa editrice Artsakh. Ha pubblicato più di quaranta volumi di poesia e opere teatrali e oltre cento lavori scientifici. I testi teatrali sono stati rappresentati sui palcoscenici nazionali dell’Artsakh e dell’Armenia. Delle opere teatrali si citano almeno Mirrors (Specchi), Your love is your home (L’amore è la tua casa), I give up on myself (Mi arrendo a me stesso), Artsakh ballad (Ballata dell’Artsakh).

I suoi lavori creativi sono apparsi oltre che nell’Artsakh, a Yerevan, Sofia, Tbilisi, Mosca, Persia, Francia, Baku. Docente di Filologia, è rettore dell’Università “Grigor Narekatsy” di Stepanakert e presidente dell’Associazione Scrittori dell’Artsakh. Per la sua attività letteraria ha ricevuto le più alte onorificenze nel suo paese e in Armenia.

La poesia di Vardan Hakobyan, che in questa sede presento, profuma delle amenità della sua terra, ha i colori dei prati dell’Artsakh e la fierezza delle montagne che ricordano gli episodi biblici. Non va dimenticato che gli armeni sono stati i primi ad adottare il Cristianesimo come religione di Stato.

PENSIERI SULLA LUNA, SUL MONTE SAKUNTS

Se potessi generare il canto
che mi restituisse mia madre –
sarei ancora bambino e poeta.

Voglio rigenerarmi.

Vardan Hakobyan

La sua è una parola che si rigenera di continuo. Egli combina la genuinità del fanciullo con la sapienza dello studioso, che trae nutrimento dall’interiorità e dai saperi di altre discipline, con particolare riguardo alla storia, la letteratura e la filosofia.

Si tratta di una scrittura che disorienta e stupisce, come nei formidabili versi: «con il sogno la distanza e il desiderio ho costruito la casa / e la abito con i versi d’amore» (“L’irraggiungibile”). Vardan percorre sentieri inconsueti, per recuperare «la visione perduta» che diventa la sua voce più autentica.

L’IRRAGIUNGIBILE

Gli uccelli portavano nei becchi brandelli di distanza
e io li usavo per rammendare i sogni.
Le stelle portavano sulle punte frammenti di sogni
e io li usavo per riparare ciò che è lontano da me.
Gli abissi portavano sulle onde schizzi dell’irraggiungibile
e io me ne servivo per orientare il desiderio.
Poi con il sogno la distanza e il desiderio ho costruito la casa
e la abito con i versi d’amore.

VARDAN HAKOBYAN

Lo svelamento accompagna il fluire dei versi che alimentano nuove dimensioni, comunicando al lettore che si è soli soltanto quando non si è con se stessi. Il poeta crea atmosfere stranianti e concrete, nella speranza «che accada l’impossibile» (“Quattro su tre”).

QUATTRO SU TRE

Quando mi ostino a coltivare la speranza,
non rendo la notte più buia. Alla fine del giorno,
tutti costruiamo la torre di Babele,
siamo la nostra memoria, e quella dei nostri avi.
Un indirizzo anonimo.

Mi figuro la gravità tra due fiori
della quale sono parte i colori che si svelano.
E quando i fiumi recuperano la visione perduta, quella è la mia voce.

Anche la gentilezza è crudeltà, in un unico modo.
A questo mondo ogni cosa ha una lingua, uno stile e un profumo:
L’alfabeto dei fiori inizia da te.
Dolore senza paragone. Nuvole senza cielo.
E il mare non riesce a lambire la sua spiaggia.

Ti ho fatto dono della quarta stella su tre, perché
si è rivelata la più reale. Mai e poi mai
viaggerei in treno – che senso ha viaggiare se già conosci
la destinazione e i paesaggi di là del finestrino?

La verità non è ciò che è possibile proferire.
E una persona è sola soltanto quando non è con se stessa.

Il fiore è quasi te… il modo in cui appare diverso a mezzogiorno,
al tramonto, e cambia a ogni raggio di luce. E assume
un colore particolare e unico quando si erge tra mezzogiorno e tramonto…

Che accada l’impossibile.

VARDAN HAKOBYAN

Il Nostro, dotato di fervida fantasia e abilissimo nell’incastro dei lemmi, confessa che la sua «forza interiore proviene dall’umile erba, la speranza, / la cascata, la violetta, la strada, il desiderio» e dalla parola non ancora pronunciata (“Selezione di secondi”). La pluralità delle immagini e dei messaggi, che coinvolgono un “tu” quasi sempre presente, attestano il valore del mistero e l’ambiguità del segno poetico che non necessita di «essere compreso completamente». La luce e l’ombra costituiscono il corredo dei componimenti e la prova delle straordinarie capacità espressive dello scrittore.

SELEZIONE DI SECONDI

I cavalli del bacio, come fiamme strappate al fuoco
galoppano all’impazzata, e improvvisamente
la porta della montagna si apre sotto i loro zoccoli,
e la carrozza che ci trasporta, annega nell’eternità.

Poggia l’orecchio a terra
e se mai sentissi i cavalli nitrire dalle profondità della terra,
sappi che tu e io stiamo tornando,
e lascia che le campane di Gandzasar annuncino che tu sei la monaca
nei giorni della mia assenza.

Tu e io apparteniamo a una specie di uccello che non esiste
ma desideriamo che ci fosse. E forse lo incontriamo solo nell’immaginazione.

Ho completato il discorso e non ho più voce, ma qualsiasi cosa dica
il significato del fiore è ancora l’ape, il significato del cielo è l’ala,
e il significato dell’ala è l’amore…

La mia forza interiore proviene dall’umile erba, la speranza,
la cascata, la violetta, la strada, il desiderio,
e dall’unica parola che tu non mi hai ancora sussurrato.

Meghraget dice: “Il ponte è costruito al di sopra così posso passarci sotto
proprio come un ginnasta che si esibisce nel cerchio di fuoco”.
Ripeto:
il senso della mia parola non dev’essere capito completamente.

VARDAN HAKOBYAN

La verità (e la bellezza) della poesia di Vardan Hakobyan risiede negli anfratti dei testi che il fruitore è stimolato a esplorare, per trarne motivi di riflessione e di rinascita.

Gli elaborati appena letti, tradotti per la prima volta nella nostra lingua dalla sottoscritta e dall’anglista prof.ssa Graziella Todisco, sono la campionatura di una raccolta di prossima pubblicazione in Italia.

Anna Santoliquido