È giunto a coronamento di un importante percorso artistico e culturale il volume Anima mundi. La scrittura di Anna Santoliquido, opera del critico lucano Francesca Amendola.
La monografia è stata stampata nel 2017, con la compartecipazione del Consiglio regionale della Basilicata, dall’editore Aviapervia, con presentazione di Francesco Mollica e prefazione di Neria De Giovanni, Presidente dell’A.I.C.L. (Associazione Internazionale dei Critici Letterari). In copertina una suggestiva acquaforte acquerellata di Donato Linzalata, una ripresa del mito delle Baccanti declinata espressionisticamente.

Ad Anna Santoliquido, Francesca Amendola ha dedicato anche il volume, da lei curato, Una vita in versi. Trentasette volte Anna Santoliquido, che annovera contributi critici di celebri studiosi in merito alle opere della scrittrice lucana.

Anima mundi è stata data alle stampe poco dopo il conseguimento da parte della Santoliquido della Laurea Apollinaris Poetica presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma, tributata, per la sua carriera artistica, alla poetessa forenzese, fondatrice, nel 1985, e tuttora presidente del prestigioso Movimento Internazionale “Donne e Poesia”, in prima linea nella diffusione della cultura, con peculiare attenzione per le espressioni figlie della creatività femminile. Nelle vesti di animatrice del movimento, Santoliquido si è resa protagonista dell’organizzazione di convegni ed eventi, con qualificate presenze di livello internazionale.

Il volume si compone di ventiquattro capitoli, che ripercorrono, secondo un ordine cronologico e al contempo tematico, le tappe dell’itinerario culturale di Anna Santoliquido, a partire dalla nascita a Forenza e dal “viaggio nella memoria” attraverso l’infanzia e la giovinezza dell’autrice, il percorso di formazione tra Londra e Bari e poi l’insegnamento, la pubblicazione delle raccolte liriche, la feconda collaborazione con l’Est europeo, la dedizione agli altri generi letterari (si pensi al teatro con Il Battista, ma anche alla narrativa), sino alle due piccole antologie poetiche (le Poesie estravaganti e quelle in dialetto forenzese) e alla Ballerina sui tetti, bella incursione nell’ambito della poesia per bambini.

Francesca AMENDOLA, Anima Mundi, La scrittura di Anna Santoliquido,
Edizioni Aviapervia, 2017

Amendola s’inoltra in questo complesso e articolato itinerario avvalendosi di pregevoli strumenti esegetici, mostrando piena adesione alla materia affrontata e dando spazio, di volta in volta, oltre che alle proprie osservazioni sui singoli testi, anche alle molteplici voci che, nell’ambito della critica letteraria internazionale, hanno rivolto la loro attenzione all’opera di Anna Santoliquido. Felice è l’intreccio tra elemento biografico e riproposizione di versi dell’autrice (si consideri, per esempio, il potente ritratto della nonna Francesca nel poemetto dedicato alla “sposa agreste”); per operare la sua ricostruzione, Amendola si serve anche di stralci di interviste alla poetessa lucana e di quanto dichiarato da Santoliquido nelle sezioni paratestuali delle sue opere. Condivisibile anche la scelta di inquadrare l’operato della dedicataria della monografia nel vasto e complesso panorama della scrittura femminile, che Amendola tratteggia, dopo aver messo in guardia il lettore dal rischio della deminutio annidato nel luogo comune della donna/angelo del focolare, muovendo da Trotula da Salerno, autrice di un trattato di ginecologia, e passando per la valsinnese, rinascimentale, Isabella Morra, particolarmente cara alla Santoliquido, sino a pervenire a figure come Giuliana Brescia.

Opportunamente Amendola ricorda anche la deplorevole tendenza, in alcune celebri antologie e in manuali scolastici ancora in uso, a una ridotta presenza di testi, in versi o in prosa, di scrittrici, nonostante il panorama internazionale ne abbia consacrate molte, nel corso del Novecento e non soltanto. È da rimarcare come Amendola riesca molto bene a scandagliare i rapporti culturali che Anna Santoliquido ha saputo instaurare con importanti poeti del Novecento come Pierro e soprattutto con figure rilevanti del panorama letterario italiano, come Maria Luisa Spaziani, ed estero. Si consideri a tal proposito l’amicizia con la serba Desanka Maksimović, La madre dell’est di una poesia di Santoliquido, con la quale la Nostra ha condiviso, tra l’altro, l’attenzione all’eccidio di Kragujevac. A quest’ultimo, già materia del canto della Maksimović in Fiaba cruenta, Santoliquido ha dedicato, su committenza delle istituzioni della città stessa, il visionario e struggente poemetto Città fucilata.

Non è ozioso, a tal proposito, ricordare come nel 2010 sia stata conferita alla scrittrice la cittadinanza onoraria di Serbia.
Molti dunque i meriti nella ricostruzione di Francesca Amendola che, con stile accattivante e competenza, pone solide basi per i successivi studi sulla poetessa lucana, fornendo, tra l’altro, un’ampia e accurata bibliografia, che dà conto anche dei servizi Rai realizzati sull’opera e sull’attività culturale della Santoliquido.

Presentazione di Anima Mundi, 21 settembre 2017

Nata nel contesto di una numerosa famiglia lucana, figlia di quella Casa di pietra cui ha dedicato la sua poesia forse più celebre (testo comparso nei Figli della terra ed eponimo anche della raccolta pubblicata in romeno Casa de piatră), Anna Santoliquido riesce con caparbietà, e nonostante gli ostacoli frapposti sul suo percorso (non ultimo l’assenza di una scuola media nella natia Forenza), a completare il suo percorso di studi. Si laurea in Lingue presso l’Università degli Studi di Bari e si perfeziona in Inghilterra, affinando la pratica di traduttrice e inaugurando la sua dedizione agli studi di linguistica e psicolinguistica, i cui esiti influenzano fortemente l’atmosfera di raccolte come Decodificazione; si pensi al colto divertissement linguistico alla base di testi come Such is life.

La prima raccolta, costituita da quarantacinque poesie, I figli della terra, pennellava, come evidenzia Amendola «una dimensione leggendaria e fatata della Lucania», «ventre materno, porto nostalgico e memoriale». Una poesia onesta, in armonia con la linea antinovecentista nella «ricerca della musicalità non contaminata dall’ermetismo», che conosceva alcune delle sue più felici declinazioni nell’icona della rimpianta madre in preghiera, ipostasi – come quel ciuffo d’erba cresciuto per ‘miracolo’ tra le ‘crepe’ – della dolceamara Vita stessa, o nell’avvolgente danza della “pupattola impazzita”, che tra levità e ritmo incalzante, diviene trascrizione del destino umano.

Alla prima raccolta hanno fatto seguito altre opere, in cui, a partire da Decodificazione, Santoliquido si è distinta – come ben ha evidenziato Pegorari – per il «neosublime ottenuto tramite un linguaggio più sostenuto ed elegante, educato alla metafisica e all’intimismo ‘novecentista’». Uno dei vertici di questo percorso è senz’altro Ofiura (1987), in cui, se, assumendo a immagine chiave della raccolta l’“aggraziata e fragile” stella serpentina del Mediterraneo, l’autrice celebra nella sua imponente fisicità il paesaggio di Puglia e la forza vivificante del mare, dall’altra ne denuncia la contaminazione per opera umana (si pensi all’effetto devastante delle petroliere). Il canto, attualissimo, delle morti in mare dei migranti in Metànoia si vena di surrealismo e di angelicismo mistico, in una sorta di Pentecoste poetica, vibrante d’umanità. Germoglia quell’uso felice della quartina che diverrà una sphragìs della Santoliquido, e che sarà usata come sferza contro il mondo ipocrita in Rea confessa.

Sarebbe difficile, in questo breve spazio, ripercorrere accuratamente il lungo itinerario di Anna Santoliquido. Il suo “femminismo femminile” – espressione utilizzata in Slovenia in riferimento alla scrittrice – conosce una delle sue più calde espressioni nella plaquette Nei veli di settembre, in cui limpidezza del dettato e corde della tenerezza celebrano l’amore materno per il figlio Manuel, cesellando un vivido ritratto di adolescente, solare e al contempo ombroso, dal corpo assimilabile a un “oceano in tempesta”. E quel ritratto appare in continuità con gli altri sguardi rivolti alla vita in boccio; i versi si innalzano carichi di pietas soprattutto quando la gioventù è conculcata o stroncata sul nascere dal verbo disumano della violenza.

Il riferimento è alla silloge Bucarest, nella quale i morti della Romania che ora si libera dalla dittatura sono effigiati nell’icona di un anonimo “figlio di Bucarest”, inconnu cui si riconosce il dono, quasi neostilnovistico nella ricodificazione di un topos generalmente operante al femminile, di spegnere “l’afa / con la grazia / e l’odio / con la vita”. E come mater dolorosa e Maddalena piangente ai piedi delle croci dell’umanità (del resto la scrittrice ha definito il poeta lustracroci), Santoliquido ha cantato i morti di Kragujevac, vittime dell’eccidio perpetrato dai nazisti durante il secondo conflitto mondiale. In Città fucilata, una delle sue prove più vibranti, la poeta affronta la poesia civile senza cadere in una facile retorica, regalando pagine ora dense di lirismo struggente, nella dolente contemplazione delle vite recise, ora palpitanti di tensione etica. Memorabili versi come questo, di scultorea sentenziosità: «Franz Böhme / ho pietà del tuo stato / ma sono i caduti / che stringo al seno».

Anna Santoliquido

In generale, forte appare l’incidenza della gnome nella poesia di Anna Santoliquido, che non di rado, nei Versi a Teocrito (anche in quel sentire «Saffo al fianco / e stuoli di Serafini sulla testa») come in Ed è per questo che erro, colora i suoi versi di suggestivo profetismo. Non a caso, Amendola sottolinea felicemente in Incontri il ricorrere dell’immaginario della Sibilla e degli apollinei responsi sulle foglie, dispersi dal vento. «È l’angelo a portarmi le parole / le lascia nei vasi rotti / il vento le disperde / ed è per questo che erro». Nell’immagine di questa inchiesta di senso, che coglie la verità nelle pietre di scarto in una costante tensione metafisica, è racchiuso il senso di una parabola artistica che affascina e smuove le corde dell’emozione, per effetto di una parola che sa coniugare levitas, grazia e suadente ironia con scultoreo e icastico vigore.

Gianni Antonio Palumbo