Hans Georg Gadamer (1900 – 2002) certamente uno dei filosofi più importanti del Novecento, un punto di riferimento fondamentale sia per ‘ragionamenti’ filosofici ad ampio raggio, sia per la riflessioni sull’estetica. Hans Georg è universalmente riconosciuto come il ‘padre’ dell’ermeneutica o scienza dell’interpretazione e le sue idee sull’arte sono contenute in L’attualità del bello (1977). Si parte da una certezza: il ‘comprendere’ non è uno dei possibili atteggiamenti del soggetto, ma il modo di essere dell’esistente come tale.

H. G. GADAMER, L’attualità del bello (seconda edizione),
Marietti Edizioni 2021

Ermeneutica è il movimento fondamentale dell’esistenza e abbraccia tutta l’esperienza umana del mondo. E’ nella natura stessa delle cose. Il fatto è che – in questo movimento – non c’è una distinzione netta tra oggetto e soggetto, per cui la comprensione diventa inevitabilmente auto comprensione. Nell’esperienza estetica l’interpretazione di un’opera d’arte investe contemporaneamente sia l’opera che il fruitore. Interpretando la ‘Gioconda’, la ‘Gioconda’ diventa la Gioconda come io la vedo. Ma la Gioconda come io la vedo modifica la mia stessa percezione. Insomma, comprendere un’opera d’arte significa aggiungere alla stessa opera d’arte la nostra esperienza ermeneutica di incontro con essa.

Ma l’ermeneutica – s’intende – non è mai ‘ricostruzione’ dell’opera d’arte come fu, ripristinando le sue condizioni originarie. Se si pensa questo, si è destinati allo scacco. La vita che viene restaurata, interpretata, non è più la vita originaria. L’arte del passato vive nel presente in quanto reinterpretata e integrata dalla sensibilità odierna. E’ una mediazione con la vita presente. In sostanza: noi non potremo mai entrare davvero nella ‘testa’ di Dante Alighieri o di Beethoven (ma neppure in quella di Socrate o di Giulio Cesare o di qualsiasi altra persona del passato), perché essi vivevano in un contesto sociale, politico, economico, religioso, emozionale, sino agli odori che essi percepivano, i rumori che sentivano, i vestiti che indossavano, il tono della loro voce e via dicendo) che è irrecuperabile. Che è perso per sempre. E’ altro da noi, non possiamo coglierlo appieno.

Ma se sono opere d’arte o grandi pensieri, c’è qualcosa in loro che attraversa il tempo e che ci dà modo di goderne, ma sempre reinterpretandole. E l’interpretazione avviene tramite il linguaggio, che è qualcosa di più di un comportamento soggettivo (in certo senso, è il linguaggio che ‘mi’ parla).

Hans Georg Gadamer (1900 – 2002)

Naturalmente parliamo non solo del linguaggio come parola, ma linguaggio dell’arte, persino della natura e delle cose stesse parlano (mettiamo: l’archeologia). Qual è il compito dell’ermeneutica? Quello di studiare l’esperienza di ‘verità’ che ci trasmette l’opera d’arte. Gadamer infatti vede nell’esperienza estetica non la rappresentazione di un sentimento (l’emozione, come molti di noi dicono, oggidì), ma la ‘verità’. L’arte ci colpisce a fondo quando ci trasmette a suo modo una ‘verità’. La poesia non deve solo emozionare, deve essere un’esperienza di verità. Una verità che fa conoscere meglio noi stessi. E’ l’autocomprensione. Ovvero l’ermeneutica.

Gadamer sposta la prospettiva. Ci dà un’indicazione diversa, nella stesura e nella valutazione di un’opera d’arte. Un’opera d’arte – mettiamo nel nostro caso una poesia – è tale non per il ‘quantum’ di emozione che provoca, ma per la sua verità. E’ il ‘vero’ che ci sorprende e ci emoziona. Direi: in una poesia l’emozione ha un senso se ci apre al ‘vero’. Se ci apre a una maggiore comprensione di noi stessi. Che cosa poi Gadamer intenda per ‘verità’ è da approfondire. Sicuramente ha a che fare non con una verità scientifica, ma con una verità dell’anima.

Daniele Giancane