Nel n.118 della rivista ‘La Vallisa’ alcune pagine sono dedicate a testi poetici di Clara Russo, che si muovono sapientemente – direi con una levità inusuale di linguaggio – tra la passione per la scuola (che è stata la sua grande passione di vita), l’amore per la natura, e specie a quella di un Sud facilmente riconoscibile (le zagare, l’acutissima nostalgia per una fanciullezza di mare e di friselle), la ‘vicinanza’ ad una tortora che aspetta sul ramo più alto. Una poesia – compagna, che cerca il dialogo col lettore attraverso una felice ‘trasparenza’ della parola poetica.

Clara Russo vive a San Cesario di Lecce. Maestra in pensione ha sempre usato le parole come giocattoli per affascinare i suoi alunni e “portarseli dietro anche quando non ne avevano voglia”. Ha partecipato negli ultimi anni di insegnamento ad una esperienza di ricerca-azione i cui risultati sono stati pubblicati nel libro di Daniela De Leo Dall’azione al testo. Narrazione di un percorso formativo, Carocci Editore – Roma, 2020. Allieva dell’Università della Poesia JUAN RAMON JIMENEZ , fondata e diretta dal Professore Daniele Giancane, ha partecipato al volume di racconti “SURREALIA”, pubblicato nel 2021.

AA.VV. Surrealia. Segnali dall’Oltre e altri racconti, a cura di Daniele Giancane e Vito Davoli, UPJRJ 2021

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ED È PRIMAVERA

È apparsa
nella sua solita veste
di fanciulla nelle pagine di scuola
quasi per gioco
nel tramonto tardo della sera
Fra i ciuffi di colore
che macchiano i rami in attesa
braccia nel vuoto
che scivolano parole
che solo gli uccelli ascoltano
e gli insetti
al riparo di intrecci
di stecchi di pensieri
qua e là sui campi di fili tremuli
velluto a nord
il sole si è lasciato cadere
nell’oro sotto gli olivi
e le zagare in boccio
e ha laccato di rossetto i suoi raggi
fra i petali di seta
che danzano la brezza
di quest’aria mattutina
che profuma di mare
ed è primavera.

BONACCIA

Il cielo
mi è affine.
Tutto uguale
né lampi
né tuoni.
Buio sul tavolo.
Vuota la tazza
che guarda
con sfida
la chiazza
di latte
senza parole.

Clara Russo

COME POSSO SCORDARE LA MIA FANCIULLEZZA

Come posso scordarmi la mia fanciullezza
io e gli altri sul nespolo a sputar noccioli
distesi sull’erba a guardare il cielo
le formiche rosse e il loro formicaio.
Come posso scordarmi la mia fanciullezza
caviglie sbucciate “pe la petalora”
le scorribande alla Madonnina
tutti alla Lamia a ridere e scherzare
fra talaretti e tabacco al sole.
Come posso scordarmi la mia fanciullezza
Leuca, il mare, la barca dei corsari
la vela un lenzuolo di ricami.
Le corse sugli scogli
la frisella sulla scala.
Come posso scordarmi la mia fanciullezza
lasciata a lungo lì all’ombra della luna.

LA TORTORA

Sei lì sul ramo alto che aspetti
becchi fra le piume i tuoi pensieri
ti nutri di incertezza
non forzi nell’aria la tua perplessità.
Ti guardi intorno
cerchi la direzione del vento
e ti tuffi all’improvviso.
Ti lasci andare sulla strada del cielo
che ti riporta a casa
lì sul ramo della quercia
che si biforca e stringe
l’intreccio del tuo tempo.

Ed è la tua vita.

Daniele Giancane