Ho letto di un soffio Le parole finiranno, non l’amore. Titolo decisamente pierrano. Ho apprezzato l’ardore, l’ostinazione, la persistenza, il perseverare, il non lasciarsi indietro, con generosità, niente e nessuno.

C’è tutto il suo universo: Taranto, il canzoniere degli affetti, le rabbie, angoli e scorci della città, le vite e la cronaca attraversata, il mestiere di giornalista con l’animo rivolto all’esistenza, nella pena delle vicende.

E poi il pensiero continuo iniettato giorno dopo giorno, ora per ora, per le cose, i temi, le circostanze, in un eccesso d’amore mai piegato in cui si snoda il vivere: il volgersi in ogni direzione a sorvegliare l’esistenza, non dargli tregua.

Silvano Trevisani

Poesia di sedimenti di un reale che non basta e straripa oltre. Vedo ostinate insistenze e perseveranze d’amore, di una ricerca civile, ma al tempo stesso un tappeto di linguaggio che possa far affiorare le cose, non lasciarle nella loro fango inglorioso.

Mi piace quando parla degli operai dell’arsenale, dei mendicanti con cui spezzare il pane, le mattine che spandono “la conta ognuno per la sua parte”, “perché il tempo è la nostra condanna” e poi c’è Gol, e poi il Ladrone, Mio Fratello.

Il lottare sempre suo, perché: “dove vanno a finire le vite nebbiose dei mortali”, “un’insipida morte, per sparire nella storia”. E qui vedo la teologia poetica di Luzi, Pierri, di Merini, di chi ha fatto e vuole fare i conti con la vita; chi ha voluto e vuole ragionare con la poesia sul nostro destino.

Affrontare il presente con coraggio e onesta senza mai cedere le armi della passione civile. Lui in un luogo di malore e inchiodato nella città del dolore. La Taranto che ci sta a cuore, quella che per molte stagioni si è vissuti. Quella che mai si è accettata vederla sotto il tacco di tutti. E si è fatto, lui più di me, quello che si è potuto e contro pugni feroci.

S. TREVISANI, Le parole finiranno, non l’amore, Manni Editore 2020

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«Nessuno rimane abbastanza per ricordare il colore degli occhi e i sogni che vi galleggiavano, nessuno può vivere per voi. E poi, la vita sta solo davanti, quello che è passato è passato l’eternità ricomincia da domani».
Sì, l’eternità, Silvano, ricomincia da domani per chi ha a cuore qualcosa. Per chi gli rimane un eccesso di speranza. “l’ultimo sforzo”. No. Non è il silenzio a darci pace: perché gli altri sono il nostro specchio e noi loro vuoto. E ogni nostro caparbio desiderio e il desiderio poi realizzato dagli altri.

Tutto è terribilmente sincero nel tuo dire. Ossa che luccicano. Anche il desiderio ultimo di essere avvolto nella luce. Di fronte alle albe che “ci vanno strette”, “alla furia del grecale”, “il sentirsi cielo”, mentre il letto vaga schiantandosi alla ricerca di una riva.

Mi piace, nella parte ultima del libro, l’ammarare alla deriva sapersi nel mare degli altri mentre la nostra assenza si cela per sempre, in un sempre presente, però della poesia. Sono versi che sfondano il limes, ma non mai si allontanano dall’amore coltivato per l’esistenza e l’esistente, per i giorni e per la propria terra.

Giuseppe Goffredo