Conoscevo Tommaso Di Ciaula dal 1969. Io avevo appena pubblicato il mio primo libretto di poesie: Vedere e non vedere con la prefazione del mitico Tommaso Fiore. E frequentavo assiduamente – ogni pomeriggio – la casa di Tommaso Fiore, al centro di Bari. Era un via-vai di intellettuali, studiosi, poeti. Una scuola di vita a cui mi abbeveravo. Un pomeriggio si presentò Tommaso Di Ciaula e quasi senza dir nulla, si avvicinò a Tommaso Fiore e gli squadernò davanti un mucchio di fogli. Erano le sue poesie, quelle che poi lui radunò in Chiodi e rose (La Scaletta, Matera 1970).

Era una poesia innovativa, fresca, lontanissima dalla sperimentazione che allora andava di moda, incentrata su improvvise immagini quasi sempre attorno al nucleo ispirativo: la deturpazione del
paesaggio pugliese, violato dalle industrie. Nel 1980 pubblicò L’odore della pioggia (Laterza, pref. di Giovanni Giudici) ed altre cose, ma la presenza di Di Ciaula sulla scena letteraria nazionale si deve a due testi narrativi (non li chiamerei romanzi, ma serie di immagini, illuminazioni, meditazioni e rabbie), soprattutto Tuta blu (1978, Feltrinelli) e Prima l’amaro poi il dolce (1981, Feltrinelli).

È il realismo sociale (qualche critico azzarda una catalogazione: che i libri di Di Ciaula e di Maria Marcone appartengano al “realismo sociale barese”). Quelli di Tommaso Di Ciaula sono romanzi autobiografici, inquieti, che narrano la difficile trasformazione della civiltà contadina in civiltà industriale, con un che di rabbia e di rimpianto, tra lirismi accecanti e disperazione.

Una sorta di memoriale, che diventa condizione antropologica e simbolo del Sud. O di tutti Sud del mondo. Tuta blu (che ebbe la prefazione nientemeno
che di Paolo Volponi) fu tradotto in molte lingue e divenne un oggetto di culto soprattutto in Germania, dove Di Ciaula veniva spesso invitato a tenere incontri. Licenziatosi dalla fabbrica in cui lavorava, per molti anni visse poveramente mandando a cogliere qualcosa in campagna, aiutato da amici e contadini. Viveva a Bitetto, da solo.

Tommaso Di Ciaula (1941-2021)

Negli ultimi anni,per fortuna, usufruì della legge Bacchelli, quindi ebbe una buona pensione. È morto ieri.

Ciao, Tommaso. Resterai sempre come l’autore di Tuta blu. Di una classe operaia sensibile e riflessiva, inquieta e disperata, che avvertiva alienazione e ripetitività, di essere solo un ingranaggio, proprio come le macchine. Quella classe operaia non esiste più e gli operai si sono tranquillamente ‘integrati nel sistema’ (come si diceva in quegli anni), aspirano come tutti al cellulare all’ultimo grido e guardano Barbara D’Urso in tivvù. Ma Di Ciaula e il suo Tuta blu hanno segnato un’epoca.
Sono storia.

Daniele Giancane