Marcello Ariano, nato nel 1948 a Torremaggiore (FG) e scomparso recentemente, è stato ‘poeta delle radici’, della nostalgia per la civiltà contadina, le campagne assolate, la civiltà del vicolo, il calore’ del paese.

Identità che sentì forte quando fu costretto ad emigrare a Milano e a Torino, come tanti meridionali che ancora emigrano al Nord dell’Italia o all’estero.

Si laureò in scienze politiche a Torino, dove lavorava presso un grande gruppo metalmeccanico. Appassionato di storia locale e di poesia, fu tra i fondatori e i redattori del semestrale ‘Carte di Puglia’, collaborando inoltre con diversi periodici.

LA NOSTRA TERRA

La nostra terra
come i padri
ce la portammo chiusa.
In un sacchetto
ciurme che navigammo il mondo
pigiati in vagoni di seconda classe.
La nostra terra in un sacchetto
nascosta tra gli oggetti,
i nuovi mischiati con i vecchi ricordi,
sestante per decifrare giorni
oggi che migriamo per nuove venture
che pure al Sud spuntano argentei
i comignoli delle fabbriche.

CAPITANATA

Qui scampanellavano greggi
per i tratturi,
le donne dei pastori
cullavano i bambini
in zane di ferola
e le Madonne, immutabili,
hanno il viso di terracotta: la mia Puglia
coi ragazzi che tagliano
l’uva nelle vigne
e mettono sguardi azzurri
nei giorni di festa

Marcello Ariano (1948-2021)

GIUGNO

Già ondeggia il grano
e lambisce
masserie

Giugno
dalle brevi aurore
è venuto,
subito il sole
è un tumulto

Contadini e passeri,
creature millenarie
in bilico sui giorni…

I CARDI E NOI

Nei cardi
inflessibili
verdi con punte violacee
riconosco lo sorti
della mia gente.
Dai cardi, amari e graffianti,
abbiamo attinto
immutate caparbietà.

Daniele Giancane