Piera Pegorari Tripodi (1934-2013)

Buon pomeriggio, saluto la Dirigente, prof.ssa Manuela Baffari, i colleghi, il personale e i genitori del prestigioso Istituto “Zingarelli” che ci ospita, la famiglia Pegorari e tutto il pubblico presente. Un abbraccio alla regista Rossella Amoruso, alla coordinatrice Patrizia Sollecito e agli alunni della III B che ci danno la possibilità di assistere a un evento culturale che, partendo dalla poesia di Piera Pegorari Tripodi (Scigliano, Cs, 1934 – Bari 2013), è diventato uno spettacolo teatrale.

Una sera, stilando il programma della XVII Edizione di “Cocktail diVersi”, organizzato dal Movimento Internazionale “Donne e Poesia”, in collaborazione con la Biblioteca Nazionale “Sagarriga Visconti Volpi” di Bari, mi venne in mente di scovare i versi di Piera e di associarli a quelli di Giuliana Brescia, l’autrice lucana scomparsa prematuramente nel 1973 a Bari, dove è anche vissuta la scrittrice calabrese. Di Giuliana me ne occupo da anni anche per volontà della famiglia. Di Piera mi era rimasto il gusto di qualche frammento che riconducevo all’aforisma. Non sono poche le affinità tra le due poete sulle quali, per brevità, mi soffermerò in altra circostanza. Trascorsi alcune nottate a leggere e selezionare le liriche della Pegorari Tripodi, già docente in questo Istituto, e, alla fine, i versi per la locandina si imposero per la loro lucente bellezza: «Prendi le mie parole / e urlale al vento / sarà un canto d’amore.». Avevo altre opzioni, ma optai per il «canto d’amore».

Il tempo a disposizione consente di operare solo una estrema sintesi della poesia della Nostra, poiché è ai ragazzi e alla loro libera interpretazione che dobbiamo riservare la scena.

PIERA PEGORARI TRIPODI,
Zagare e macerie,
Ed. Sentieri Meridiani 2012

Innanzitutto l’Autrice si sente chiamata alla scrittura; utilizza la parola per rappresentare gli emarginati più che se stessa: «Dentro di me / è la voce / di quelli che non hanno voce», scrive nella composizione Come dono (in Vivere oltre, 1994). Emerge subito la valenza pedagogica dei testi. La compassione per l’umanità sofferente e umiliata è legata alla spiritualità dell’anima e al credo in Dio. Le parole sono sue compagne di viaggio alle quali affida il compito della testimonianza e della denuncia. Si nota la nostalgia per la Calabria e il mare, l’affetto per i figli e per gli alunni. Una poesia che, con delicatezza, ci lascia entrare nell’intimità della casa e del cuore, ma che non rinuncia al grido per l’indifferenza e la violenza. L’amalgama dei versi è il sentimento d’amore per la scrittura, la professione, il prossimo. Lei coglie messaggi d’amore anche nelle «piccole cose»; vede ciò che tanti non vedono. E sono le «piccole cose» che si animano, si ribellano, danno senso alla vita, perpetuano la speranza.

La contemplazione e l’incantamento convivono con il dolore e la «fatica d’esser viva». La dimensione onirica e l’importanza attribuita al silenzio ci danno la sensazione di una poesia sospesa, diafana, ma ricca di positività: «Dolore è vivere senza sogni». E ancora: «non c’è ombra o bruma / o improvviso silenzio / d’aria cupa / che impedisca il trionfo alla vita» (Dedica, in Notti di evocate presenze, 1999).

Piera Pegorari Tripodi, apparentemente fragile, è invece dotata di una forte tempra che estrinseca con enunciati gentili ed efficaci. La sua femminilità è alimentata da una energia misteriosa che riporta al mondo ancestrale e alla mitologia greca (vedi le liriche dedicate alla “Moira”).

Poesia dell’amore e della perdita porge al lettore elegie di grande impatto emotivo come nella chiusa «Non posso pensarti lontano / e ti cerco come sempre / nel mio cuore» (dalla raccolta Zagare e macerie, 2012).

Il suo «canto notturno» si nutre di memorie, sofferenze, insepolte speranze, ansie che lei raccoglie per elevarle al Signore. Qui scatterebbe la riflessione sulla componente religiosa della poesia che, per mancanza di tempo, rimandiamo ad altra sede.

La tragedia americana dell’11 settembre 2001, la presenza dei barconi nel Mare nostrum, con i corpi senza vita dei migranti, e le altre nefandezze che la modernità ci consegna, angustiano l’Autrice che condensa in versi la pena.

La vena tardoromantica e la sottile malinconia si sposano con il silenzio ovattato della notte e le parole fluiscono leggere: «Il giorno e l’indiscreta sua luce / non hanno mai la pienezza d’amore / di questo canto notturno / così disperatamente dolce». Il lettore avverte degli echi gozzaniani pure se il verso, al contrario di quello del giovane poeta torinese, si attesta più sul lirismo che sul taglio narrativo.
Splendida è la composizione il cui attacco recita: «Il poeta ha mille amori / e li porta con sé / nel dolore che ne consegue». È un riuscitissimo ritratto della figura del poeta e del suo operato.

La scrittrice, con linguaggio lieve e accenti classici, ci porta lungo i sentieri della poesia comunicativa che ha una sua eleganza formale. In particolare, la silloge Zagare e macerie, edita a Foggia nel 2012 da Sentieri Meridiani, presenta un corpus di testi di ottima fattura che meritano approfondimenti.

Piera ci invita ad amare le «piccole cose», rassicurandoci che «la vita cerca ancora / una gemma che piano si dischiuda». Si tratta, dunque, di una produzione interessante, che aggiunge un tassello alla scrittura creativa delle donne del Sud e lascia le porte aperte alla solidarietà e al bene comune.

Anna Santoliquido

Istituto Comprensivo “Nicola Zingarelli”
Introduzione allo spettacolo teatrale
Amo le piccole cose liberamente ispirato alla poesia di Piera Pegorari Tripodi.