Tra i più grandi romanzi di tutti tempi (diciamo tra i primi dieci) bisogna annoverare Delitto e castigo di Dostoevsky, pubblicato nel 1866 (prima edizione italiana nel 1889).

È una vicenda ambientata a Pietroburgo: lo studente Rodion Romanovic Raskolnikov uccide un’avida vecchia usuraia e la sorella di questa, che ha la sfortuna di trovarsi sulla scena del delitto.

Il romanzo gira tutto attorno all’angoscia di Raskolnikov, al suo pentimento, al rimorso. Sarà riscattato da Sonia, un’anima pura costretta però a prostituirsi per mantenere la sua povera famiglia.

F. DOSTOEVSKY, Delitto e castigo, Feltrinelli 2022

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Sonia gli fa intravedere la speranza in Dio. Raskolnikov supera il suo nichilismo e si costituisce. Un romanzo di tormenti e di riflessioni sulla vita e sulla morte, sulla pace che ciascuno deve trovare in sè.

S’è detto che qui Dostoewsky fa una critica sia al socialismo sia il capitalismo. Nietzsche affermò: «Dostoevsky è l’unico psicologo da cui mai ebbi qualcosa da imparare». In effetti, secondo tanti, Dostoewsky ha aperto la strada alla psicanalisi e, per certi, versi, la supera.

In una giornata straordinariamente calda del principio di luglio, uscito dalla stanzetta che aveva in subaffitto nel vicolo di S., scese in strada e lentamente, con l’aspetto di una persona indecisa, s’avviò verso il ponte di K.

Per la scala riuscì a evitare l’incontro con la sua padrona di casa…egli non era un pauroso, un uomo avvilito, tutt’altro, ma da qualche tempo era in uno stato di irritabilità e di tensione che rasentava l’ipocondria… restava la cosa più importante, pigliar l’accetta che era in cucina. Nonostante la lotta tormentosa che si svolgeva in lui, in tutto quel tempo non gli era riuscito, neppure per un attimo, di aver fede nell’attuabilità del suo disegno…ma di questioni insolute e di dubbi ne rimaneva ancora un abisso…

Daniele Giancane