Quello che pubblichiamo qui non è una recensione né l’informazione di una nuova pubblicazione. Ci piace considerarla una condivisione.
Dopo il suo trasferimento a Milano, una delle voci poetiche contemporanee più significative del nostro territorio decide di condividere con gli amici una riflessione, una sensazione – come lei stessa la definisce – in quattro tempi, inevitabilmente legata a uno dei periodi più difficili della storia Repubblicana dal dopoguerra.

Ada de Judicibus Lisena cerca di fermare la pandemia per poterla osservare più da vicino attraverso una rimodulata quotidianità di personaggi e gesti che sintetizza nella figura della dirimpettaia. Minuscola nel suo piccolo mondo, sconosciuta e forse “prigioniera”: quasi il punto focale, centrale, di un violento livido turbinio fatto di maestosità mute, tetti, balconi, case, Bastioni Spagnoli e al centro uno specchio, quello dal quale Ada cerca, nello scambio dei riflessi di cui si sente inevitabilmente parte, di trovare un senso e di comprendere il destino dei tempi attuali e dei suoi protagonisti. 

1. I SUOI PENSIERI

Ape del suo piccolo mondo, 
coltiva forse gerani e basilico
andirivieni sulla veranda.
Poi si poggia alla ringhiera
guarda il cielo e sosta,
forse in rito di preghiera
forse prigioniera di sé, di un’idea.
Io non la conosco
non so il colore dei suoi occhi:
in questo paesaggio urbano di balconi e finestre
in questa vasta corolla di case e di terrazze,
la distanza la rende minuscola
la lontananza l’annebbia
la priva di spessore e contorno
la fascia quasi di mistero.
Io la guardo:
visione quotidiana, abitudine vaghezza,
è il prototipo
è “la donna alla finestra” del mio immaginario.
Ed è mio specchio
quando anch’io al balcone mi affaccio,
fra noi gioca un riflesso
se guarda me come io la guardo.
Darei oro per i suoi pensieri.

Gennaio 2020

2. UNA FARFALLA BIANCA

La dirimpettaia minuscola
indugia ancora alla ringhiera
ma una farfalla bianca
le divora la faccia.
  “A chi la tocca, la tocca”
Qui il viale le case i Bastioni Spagnoli
inebetiti tacciono
aspettano la Sorte.
Qui Porta Romana bella
sussulta ogni istante
al sibilo alla lama delle autoambulanze.
Ma Vecchioni ha aperto la finestra
ha spalancato le braccia
ha sciolto al vento un canto:
“Spera, ragazzo, spera. Spera ragazzo”.
In questa Milano intensa,
manzoniana e ormai mia
è tempo rincantucciato sotto un cielo chiuso tempo sospeso di epidemia.

Febbraio 2020

Come non vedere nel riflesso della dirimpettaia una tremante percezione di sé stessa? Arretra e il quadro è viola, fatto soprattutto di assenze dove «solo il fumo dei comignoli / ha impronta umana / solo i cani portati alle aiole / scodinzolano ignari».

Sono assenze fatte di inquietudine che nel sogno finale trovano risposta e compimento, triste e spettrale: anche quell’ultima labile, minuscola presenza lascia spazio a giornate inquiete nelle quali, tuttavia, non manca affatto un barlume di speranza che è forte, quasi rivoluzionario in un contesto lirico come questo.

Agli unici suoni, quelli delle ambulanze, che squarciano il silenzio di questo trasognato turbinio di sensazioni livide fa da controcanto nientemeno che la musica e le parole di Roberto Vecchioni: la speranza affidata ai giovani ed esplicitata nelle parole di un cantautore contemporaneo.
Un fascino dirompente che frantuma il senso di ineluttabilità che pervade i quattro tempi. 

3. VIRUS 

La mia sconosciuta
più non si affaccia alla ringhiera,
io guardo e poi guardo
ma la sua veranda
invano lussureggia di primavera.
S’ infittisce la distanza:
la penso e, ancor più piccola,
la donna si allontana, si fa vaga, scompare
come la creatura di nebbia
di un mio sogno strano.
Qui sui tetti svolazzano i corvi,
tace la vasta geometria dei muri.
Qui non più cori fra le finestre aperte:
solo il fumo dei comignoli
ha impronta umana,
solo i cani portati alle aiole
scodinzolano ignari.
E scorrono autoambulanze
come giganti che piangono,
a volte come incubi che sghignazzano.
Giorno venti di marzo.
Qui, lungo il Viale, i giardini continuano a fiorire.
Domina il virus.

Marzo 2020

4. UNA LUCE VIOLA 

L’ ho sognata. Veniva verso me
ed era fatta d’aria,
visione senza tempo,
senza spazio e respiro.
Avanzava,
una luce viola Illividiva la nebbia
ma biancheggiava la farfalla
che ancora le copriva la bocca.
La triste farfalla
di queste giornate inquiete
avanzava con lei.
E cresceva
invadeva la scena del sogno
incombeva spettrale.
Io, nell’incubo, arretravo.

Marzo 2020

Ada decide di condividere con gli amici questa prima stesura che, insieme, abbiamo ritenuto opportuno anche condividere con altri lettori e con soprattutto con la sua città. Quando anche Milano «è ormai mia», il trasferimento non scardina legami profondi sedimentati lungo tutta una vita: il suo pubblico privilegiato è e resta ancora la sua città e per questo ringraziamo Ada de Judicibus per aver acconsentito ad arrivare anche a noi che qui pubblichiamo.

Vito Davoli