Se chiudo gli occhi e provo ad andare indietro nel tempo, mi sembra di scorgere Vincenzo Valente alle prese con i suoi libri e i suoi dizionari, intento a sfogliare e maneggiare con cura quelli che chiamava i «ferri del mestiere», vocabolari come il Du Cange, cioè il Glossarium mediae et infimae latinitatis, o il Meyer-Lübke, vale a dire il Romanisches etymologisches Wörterbuch. Era il suo modo di inoltrarsi nel lungo cammino della sapienza, per tentare dantescamente di alzare lo sguardo «per tempo al pan de li angeli».