Un lunedì letterario speciale che ha avuto connotati di “Teatro di narrazione”, con i suoi due elementi “fondativi”, Teatro e pubblico, in un intreccio imprescindibile, in un connubio perfetto.
“Teatro di narrazione” magistralmente condotto da “l’incantatore di serpenti”, al secolo Alfredo Vasco, l’attore e poeta, l’ Ulisse geniale, nelle vesti dell’astuto semidio.

E c’era il canto e la chitarra di Lidia Cuccovillo mentre noi “ci predisponiamo come bambini per incantarci”, introduce Daniele Giancane

Racconta Alfredo Vasco che «Streaming non è teatro», non c’è flusso di energia vortice di confluenza di emozioni. Abbiamo assistito alla fusione di più linguaggi, la sapiente commistione di due elementi: “tecnica del cantastorie e multimedialità espressiva”, video e linguaggio musicale.

La corde della chitarra e la densa vibrante voce di Lidia Cuccovillo hanno cantato “Motocicletta” o “Locomotiva” o volo di un aereo di carta ripiegato, la spinta per varcare il confine del qui ed ora e introdurre nel mondo dell’oltre, del racconto fantastico, del viaggio… Troia Metaponto Dolmen di Bisceglie Venosa, luoghi che ben conosciamo e che nei video proiettati hanno assunto un aspetto nuovo, mitico, evocativo di archetipi persi o sopiti nel frastuono di un presente disattento e confuso.

L’Ulisse di Alfredo è entrato nel Dolmen, la sua voce tra pietre giganti ha riportato l’eco di una spiritualità e mistero di luoghi dove la maga Circe può ancora affacciarsi e ammaliare, «isola di grotte stranamente come le nostre murge» ci racconta il cantastorie.

“Vedo alle pareti…scaffalature rudimentali, formaggi…Riempiono bislacche forme rotondeggiante.. L’entrata della grotta si oscura…«E tutt’intorno noi seduti assistiamo alla trasformazione del dorso dei libri in ruote di formaggi coi loro timbri. Chi ha osato entrare nella mia casa?» grida Polifemo lì mostruosamente proiettato sul telo bianco.
«Lo ingoiò in un solo boccone… e i compagni colti dallo spavento parlarono, da sotto la panca di legno e fieno… Domattina, aspettiamo, scapperemo fuori… Erano prigionieri… Accecare, sì accecare quel suo unico occhio… 30 litri di vino, i pali sulla parete. Mi chiamo Nessuno…».
Grida il Gigante gabbato e cieco e ai suoi amici corsi in aiuto risponde «Nessuno mi sta facendo del male… Maledetti…È stato Ulisse…» E la voce , corda vocale assieme a quelle della chitarra , in un unico coro da teatro greco canta e canta: «Agapito Malteni era un ferroviere, viveva a Manfredonia giù nel Tavoliere, buona educazione di spirito cristiano ed un locomotore sotto mano… faceva quel mestiere forse per l’amore di viaggiare sul locomotore. Seppure complessato il cuore gli piangeva quando la sua gente andarsene vedeva perché la gente scappa ancora non capiva dall’alto della sua locomotiva. La gente che abbandona spesso il suo paesello lasciando la sua falce in cambio di un martello, ricorda nei suoi occhi nel suo cuore errante il misero guadagno di un bracciante. Una tarda sera partì da Torre a mare doveva andare a Roma e dopo ritornare pensò di non partire o pure senza fretta di lasciare il treno a Barletta».

E poi, lì in alto ,un tuffo di delfino Alfredo Vasco nel freddo mare di Metaponto a marzo… coraggio ce vuole, cari ragazzi. Il liquido che accoglie trascina avvolge, inganna travolge e poi Eolo e l'”otre dei venti”. Il suono dei venti scatenati… uomo in mare! Sconquasso, isola misteriosa per procurarsi cibo. Il Dolmen di Bisceglie, Canto melodioso di grande suggestione… come se li stesse aspettando…. venite…

Affascinante, suggestiva interpretazione, quella di una voce che tocca con le corde vocali sue, miste a quella della chitarra, ed è il canto per il viaggio e per il ritorno ancora “a casa”: «Itaca, Itaca, Itaca. La mia casa ce l’ho solo là, Itaca, Itaca, Itaca. Ed a casa io voglio tornare. Dal mare, dal mare, dal mare».
E infine la domanda dal pubblico ancora sotto l’effetto del canto suadente delle sirene, senza bende e legacci, una voce: «Ma poi tornano a casa, a Itaca?». Ed infine alcune riflessioni …Voce , musica ,carisma, padronanza della scena, immagini tessute da un sapere e un saper fare sempre in fieri di un professionista come Vasco Alfredo, hanno donato il fascino di corde tese, l’ emozione in un “amplesso” stupendo dove la narrazione si è fatta corpo.

Il teatro di Alfredo, come la pittura di Francis Bacon, è incentrata sul corpo umano. Il viso, la bocca, ogni filo di barba che si muove in controluce, «le distorsioni subite dalla faccia e dal corpo» sono frutto di uno studio, una ricerca mirata perché il teatro, la voce, giunga alle sinapsi di ogni singolo spettatore, non al suo cervello, sarebbe una noiosa rappresentazione. Comunicare le storie, gli eventi narrati nel modo più diretto, crudo per quanto possibile, affinché la rappresentazione sia al tempo stesso fattuale ed evocativa, capace di liberare in profondità le “zone sensoriali”, cosicché lo spettatore venga coinvolto nella sua complessità e completezza in un viaggio personale nella Itaca di ognuno di noi.

Giuseppina Girasoli