Ogni tanto, quasi come un refrain, pubblico un testo di Garcia Lorca, l’immenso poeta che pare (dice Carlo Bo) sempre ispirato, in ogni poesia. È assai raro trovare una poesia di Lorca che sia brutta o inconsistente e questo è una sorta di miracolo, perché tutti i poeti – ed anche i Grandi – hanno scritto versi memorabili e versi da cestinare.
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Dopo tanti dibattiti, conversazioni, puntualizzazioni o esperienze letterarie, riposiamoci ogni tanto con la grande poesia, che è l’unica che ‘taglia la testa al toro’. Di fronte alla quale tutti restiamo abbagliati. E chi più del grande Federico ci incanta?
E di nuovo siamo con Federico Garcia Lorca, il poeta totale!
Il poeta del folklore ispanico, del surrealismo, del teatro violento ed espressionistico. Dell’immersione nella civiltà americana, della ‘barraca’ e della morte orrenda.
Torniamo, tra un approfondimento e l’altro – e dopo la ‘sbornia’ di Rimbaud, che lascia sempre tramortiti – a Federico Garcia Lorca, come un refrain che ci commuove e ci incanta sempre.
Pablo Neruda disse di Lorca che «rideva, cantava, musicava, saltava, inventava, faceva scintille. Aveva tutti i doni del mondo».
Torniamo alla poesia per l’infanzia (in specie quella proposta ai ragazzi negli anni Cinquanta/Sessanta/Settanta). Oltre a testi di autori italiani, largamente preponderanti, v’erano però anche alcune poesie di autori stranieri.Testi che potrebbero ben essere riproposti oggidì.
Per esempio l’immenso Federico Garcia Lorca, la cui ‘vena’ ispiratrice è al confine tra surrealismo, morte, infanzia.
Il saggio breve di Lorenzo Spurio, studioso del poeta andaluso1.
La grande notorietà di Federico García Lorca (1898-1936) e della sua opera nel nostro Paese è testimoniata non solo da una prolifica attività critica e da continue riedizioni – anche commentate – della sua opera, ma anche da alcuni esperimenti di lettura di diverso tipo, che meritano adeguato rispetto e approfondimento.
Mi riferisco – in relazione a quel suo carattere di poeta terrigno eppure universale – alla sua grande capacità di saper parlare e raggiungere popoli, gruppi umani, linguistici diversi, al pathos che trasmise nelle sue produzioni che i traduttori – non senza difficoltà – hanno cercato di rendere in idiomi altri rispetto allo spagnolo nativo del Poeta. È il caso anche dell’esigenza di percorrere la sua opera lirica in lingue dalla diffusione più limitata, localizzate in specifici ambienti di provincia, vale a dire i dialetti.