Quando subiamo un torto o un’offesa sperimentiamo una serie di vissuti negativi, prima di tutto il rancore verso chi ci ha fatto del male, il rancore però non è un’emozione istintiva, che scaturisce immediatamente in seguito all’insulto, ma è un vissuto emotivo che è sostenuto da una lunga meditazione solitaria e dal rimuginare su quanto accaduto.

Per quanto riguarda l’argomento dei rancori dipende da alcuni fattori, quali per esempio l’età: gli adolescenti sono inclini a nutrire rancore spesso per episodi congiunti all’amicizia, all’amore, ai rapporti familiari e scolastici; le persone adulte, invece, al di là dell’amore e della famiglia, nutrono rancore e risentimento per eventi collegati al lavoro e spesso alla politica.

Alcuni studi definiscono il rancore un’emozione (o un sentimento?) negativa che ci rende la vita difficile, in quanto ci alimenta di rabbia e di diffidenza, contaminando la nostra mente. È un’emozione (o un sentimento) alquanto ambigua, silente, usurante, continuamente in sviluppo: il rancore non lascia respirare chi ne è vittima, contaminando la qualità della vita e dei rapporti con gli altri.

Un’emozione (o un sentimento) presente nell’essere umano sin dall’origine ma che nel contesto storico che viviamo, con l’articolata caratteristica ma alquanto transitoria del cervello contemporaneo, può far nascere serie difficoltà mentali e disturbi fisici di una certa entità, oltre a rappresentare un probabile pericolo per l’oggetto dei suoi attuali interessi.

Senza alcun dubbio un fatto è sicuro: se non si prendono provvedimenti per renderlo innocuo o modificarlo, il rancore con tempo si sviluppa sino al punto in cui non è più possibile metterlo sotto controllo. Questo è un buon motivo per prendere subito provvedimenti integri e adeguati quando a volte siamo presi dal rancore.

Ottime abilità per evitare che compaia il rancore sono: provare rabbia in modo giusto senza eccedere e, principalmente, identificare e manifestare il dolore che si avverte. Se valutiamo che la gran parte delle persone non conosce o non ha avuto l’occasione di apprendere a manifestare la propria rabbia nella maniera adatta e neanche verso dove indirizzare il vigore di questa emozione, ebbene è abbastanza comprensibile che si realizzino più difficoltà che possibili soluzioni.

Nel momento in cui ci arrabbiamo, di norma è perché la nostra ansia ha oltrepassato ogni oggettività. Pertanto, bisogna ricordare che stiamo dando vita a una crescita di energia per avere più vigore e risolvere il problema che ci ha irritato. La questione è in che modo rendiamo esplicito questa irritazione.

Questo, unitamente alla manifestazione di volontà di rendere manifesto il nostro dolore senza biasimarci, farà in modo che non si sviluppi ,maggiormente il rancore nel nostro interno.

Comunque, se è impossibile eludere la presenza del rancore, dovremmo esaminare attentamente e modificare le nostre opinioni su ciò che ci ha ferito. Anziché svalutare la nostra persona, dobbiamo restituirci la facoltà di comunicare come ci sentiamo e di cosa abbiamo bisogno, in questo modo ci rendiamo coscienti di essere feriti e arrabbiati e avremo così la possibilità di comunicarlo alla persona interessata nel modo adatto.

Si parla, dunque, di essere coscienti di ciò che accade e di individuare come ci sentiamo, piuttosto che agire in modo istintivo, di là a capire che non tutte le persone possono elargirci tutto ciò che abbiamo desiderato avere o di cui abbiamo necessità, non soltanto per la condizione in cui ci troviamo nel momento, ma anche in quanto a volte non sappiamo comunicare correttamente le nostre urgenti e giuste richieste.

Enrico Castrovilli