Ma davvero soffrire è un godimento?

Dario Bellezza, Roma 1944-1996

Dario Bellezza nacque a Roma nel 1944, dove trascorse gran parte della sua esistenza, con qualche spostamento nel Sud (specie in Calabria) e nei paesi arabi. Cominciò giovanissimo a scrivere poesie. Portò i suoi primi versi ad Enzo Siciliano, che gli fece conoscere Moravia. Divenne amico di Elsa Morante, di Amelia Rosselli, di Aldo Palazzeschi, di Sandro Penna. Curò la corrispondenza di Pier Paolo Pasolini, il quale ultimo lo definì ‘il migliore poeta della sua generazione’. Vinse il premio Viareggio 1976.

Tra i suoi libri ‘Invettive e licenze’,1971;’Morte segreta’, 1976; ’L’avversario’, 1994. Morì nel 1996. Elio Pecora scrive di lui che «è un Narciso che si specchia in acqua scura e non smette di patire un istante… i suoi libri sono affollati di persone e di oggetti. I luoghi sono scenari e fondale di un dramma insoluto».

Questo nel dolore è compimento felice.
Chi ama la vita lo conservi e bruci,
ma resti impassibile, di marmo
a contemplare la sventura mia
e il disinganno. Che solo morte
esiste e a lei m’affido, tranquillo
negatore terrestre delle Stelle.

Ma c’è nel soffrire – scrive Dario Bellezza – persino un sottile piacere:

Fosse l’ultimo amore il tuo
pure direi a me stesso: ama.
Soffrire è godimento, è pena,
tagliarsi le vene è saggio…
Del resto l’infanzia è lontana,
l’adolescenza sparita: la rappresentazione
è quasi finita. Signori, si chiude

Poeta intenso e comunicativo, con un linguaggio che subito giunge al lettore. Poetica del dolore e dell’inaderenza al mondo. Del sentirsi ‘diverso’. Dell’incombere della morte. Una delle presenze più importanti della poesia italiana degli ultimi decenni. C’è quella sua affermazione che ci fa riflettere: ma davvero soffrire può essere un godimento? E in che senso?