Intervista a GRAZIA STELLA ELIA: «Volevo fare la poetessa».

Dina Ferorelli intervista Grazia Stella Elia.

Quando hai scoperto la magia della poesia e quando hai cominciato a scrivere?

Fin da bambina imparavo e recitavo le poesie con grande gioia e, quando qualcuno mi chiedeva cosa volessi fare da grande, come per istinto rispondevo che avrei voluto fare la poetessa. Il vero fascino della poesia mi giunse in quarta ginnasiale, studiando in modo approfondito varie poesie di Giovanni Pascoli, con la valida guida i un’ottima professoressa.

Quel Pascoli che amo tanto e la cui influenza, secondo molti critici, si percepisce nella mia scrittura…
Scrivevo pensieri poetici e mia madre metteva da parte tanti foglietti sparsi, ma fu negli anni ottanta che vide la luce la mia prima raccolta di poesie Nostalgia di mare.

Quali sono gli argomenti ispiratori dei tuoi versi, dei tuoi libri?

L’argomento ispiratore principe della mia poesia è certamente la mia terra natia, con le sue peculiarità di natura e di costumi. Ho scritto poesia in lingua e in dialetto. Alcuni libri sono monografici, quali Versi d’azzurro fuoco, un canzoniere d’amore in lingua italiana che, secondo i critici, si riallaccia ai lirici greci; L’anima e l’ulivo, Canti dell’ulivo, Aspettando l’angelo (versi di riflessione e meditazione nell’attesa della partenza definitiva) e, ultimo in ordine di tempo, Alle radici dei versi.

Sono stata definita “la poetessa degli ulivi” e questo mi fa onore, perché è grande il mio amore per questa pianta emblematica della Puglia, che campeggia nello stemma della nostra Regione.

Quanto conta nella tua produzione letteraria il paese, le origini, la tua storia?

Tutta la mia scrittura, a cominciare da quella demologica (saggistica, linguistica e poetica), è imperniata sugli usi e costumi, sulle tradizioni e sulla struttura socio – culturale della mia terra e della mia gente.
Non sarei quella che sono, se non fossi nata qui, in questa piana del Tavoliere, ai piedi del Gargano, a pochi chilometri dal mare.

Per amore del mio paese ho impiegato tre decenni della mia vita nello studio e nella ricerca linguistica, sfociati nel 2004 nella pubblicazione del ponderoso Dizionario del dialetto di Trinitapoli (1.200 pagine, pref. di Manlio Cortelazzo, come Tullio De Mauro massimo linguista d’Italia). Un enorme libro inserito nella prestigiosa Biblioteca dell’Accademia della Crusca e in quella dell’ALI (Atlante Linguistico Italiano) presso l’Università di Torino.

Per amore del mio paese ho scritto e pubblicato Il matrimonio e altre tradizioni popolari, un voluminoso libro di saggistica demologica.
Per amore del mio paese ho scritto libri di poesia in vernacolo “casalino”.

Un mondo sociale, ambientale, storico ed economico: un mosaico nel quale trova posto, come semplice tassello, la mia vita di donna, di moglie, di madre, di insegnante e di studiosa.

Quali sono i tuoi autori preferiti, le letture significative per la tua formazione?

Ho già accennato al mio incontro, quasi determinante, con la poesia di Giovanni Pascoli, negli anni del Ginnasio. Dopo la maturità classica ho letto i versi di tanti poeti, soprattutto classici. In seguito mi sono dedicata alla lettura di poeti più vicini nel tempo, quali Ungaretti, Quasimodo, Montale, Luzi, Marniti, Spaziani, Merini..

Amo soprattutto Ungaretti e Quasimodo, ermetici dalla pregnante sintesi, i cui libri hanno un posto fisso sul mio comodino.
Ho letto tanti, centinaia di libri, di poesia e di narrativa, che ho recensito con serietà obbiettiva, cercando di entrare nelle pieghe del lavoro letterario di ciascun autore.
Si tratta di letture attente e puntuali, che non mancano di darmi arricchimento umano e culturale.

Grazia Stella Elia con Michele Mirabella

Cosa consigli ai giovani che vogliono avvicinarsi o si stanno avvicinando al mondo della scrittura poetica?

Ai giovani, a tutti i giovani, consiglierei di leggere, leggere, leggere tanta poesia, ma poca per volta, riflettendo e meditando. Direi loro di leggere la poesia sana, quella vera, mai volgare e di far leva sui loro sentimenti più veri, più sinceri e autentici, quando la poesia arriverà e si farà sentire.
Sarà come un bisogno dell’anima, che si tramuterà in parole.

Cosa pensi dei reading poetici? Sono utili alla diffusione della poesia?

I reading poetici sono utili dal punto di vista sociale. Infatti favoriscono gli incontri con vecchi e nuovi amici. E importante che siano coordinati e gestiti da persone serie, che amino e promuovano la poesia vera, senza lasciarsi abbagliare dalla falsa pubblicità e dal denaro.

Vuoi dedicare un testo, alcuni versi ai lettori?

Dedico ai lettori questi versi:

POESIA

Puoi chiamarla; sì,
puoi chiamarla coi nomi più vaghi;
puoi paragonarla alle cose più belle,
più soavi, più dolci;
darle sembianza angelica
e pregarla, implorarla
che ti raggiunga…
Lei, la Poesia, non verrà,
se non quando lo vorrà.
Arriverà all’improvviso,
come vento d’aprile
o come bufera d’inverno;
come bisbiglio di brezza
o come urlo di tempesta;
come fresco tocco di rugiada
o come colpo gelido di brina;
come visione surreale
o come bellissima donna vera.
Ti prenderà, ti invaderà,
ti invaserà;
con leggerezza o con violenza
a scrivere spingerà la tua mano
e le parole da te usciranno
nuove e vitali
come creature dal parto.
Come con i figli,
vorresti seguire il loro
cammino,
sapere chi su di esse si fermi,
chi le apprezzi o le ignori.
Spesso vanno lontano,
in cerca di occhi
che leggano,
di orecchie che ascoltino.
Dolci come il miele,
tenere come l’amore materno,
dure come pietre
le parole
della signora POESIA.

E per salutarci:

LE VIOLE MAMMOLE

Finire vorrei i miei giorni
al giungere
della primavera,
nel tempo delle viole,
perché una almeno
venga messa
tra le mie mani
e con me la porti
nell’ Altrove.
Amo tanto le piccole,
odorose, semplici
viole mammole,
meravigliose nemiche
della boria.

(Trinitapoli, 2 febbraio 2012 – Grazia Stella Elia, Alle radici dei versi, Progedit. Ed. BA, 2020)

Dina Ferorelli
da internationalwebpost.org

G. S. ELIA, I paràule di Tatarànne, FalVision Editore 2022

«[…] In un tempo che scorre inesorabile e si allontana dalle macerie che lascia sulla strada, la poesia della Stella Elia eleva un triplice monumento a ciò che la sua lunga vita le ha rivelato di più prezioso. In primo luogo ci sono le piante che dell’umano sublimano la parte migliore. […] Il secondo ‘altare’ di questo monumento poetico è dedicato agli eventi rituali che scandiscono il calendario sacro e profano della vita comunitaria. […] Il terzo e più affollato monumento, in un certo senso l'”altare centrale” di questo libro, è riservato ai cari estinti, che degli altri due temi – la natura e le usanze – sono in una certa misura il punto di congiunzione e intreccio. […]»
(Dalla prefazione di Daniele Maria Pegorari)

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