Qualcuno, ogni tanto, mi chiede: come fai a sopportare tanta cattiva poesia che circola sia sui social che nei libri cartacei? Perché in qualche modo – se si vuole essere informati ed avere uno sguardo critico – bisogna pur immergersi nel mondo della poesia: a volte, fra paccottiglia d’ogni genere, brilla qualche pagliuzza d’oro.

Può nascere forse un altro Garcia Lorca, un’altra Emily Dickinson… ma certo è che la situazione generale è quella che ho sempre inquadrato così: su dieci libri di poesie, sette sono immediatamente da mandare al macero (per capire se un tizio ha almeno l’idea di che cos’è la poesia basta leggere cinque o sei pagine, non c’è bisogno di perderci troppo tempo). Due sono discreti o accettabili (è stata cosa buona pubblicarli). Uno è un grande libro, un libro necessario, che è un contributo innovativo al mondo delle Lettere.

Le poesie stampate su facebook peggiorano la media, se ne salva una ogni tanto, quasi per caso(Quasi sempre sono pensierini, narcisismi, autocelebrazioni, lirismi vacui, ovvietà). E allora, cosa usare – per chi ama davvero la poesia – come contro veleno? La grande poesia, ovviamente. Scacciare la pessima poesia con la lettura (o rilettura) dei grandi, che ci danno immediatamente l’idea – con il loro genio – di che cos’è davvero la poesia: non uno sciabordio di buoni sentimenti, ma un modo ‘nuovo’ di vedere il mondo.

Come il testo seguente di Roberto Juarroz (1925-1995), un poeta argentino ancora poco noto, in Italia, ma straordinario, come il suo testo seguente, attorno al pensiero.

R. JUARROZ, Poesia vertical, Catedra Ediciones 2012

Acquista il testo al miglior prezzo disponibile

In fondo siamo delle solitudini, nell’universo e cerchiamo di tappezzare l’assenza. Eppure, pensare a un essere umano è come salvarlo dall’oblio. Quell’essere umano esiste grazie al mio pensiero. Quanti morti sono caduti nell’oblio e solo noi li ricordiamo (c’è sul tema una magnifica poesia di Ungaretti): è il nostro pensiero che li tiene in vita. Esistono perché noi li pensiamo.

Ricordare è quindi anche una grande responsabilità, noi siamo una storia e un archivio: quante cose accadute ormai le ricordo solo io, perché tutti gli altri che erano presenti non ci sono più? La parola che disse uno, il viso stupefatto di un altro sono solo dentro di me, nessun altro può saperlo. Pensare un uomo è come salvarlo, è vero. Ed ecco che la poesia (vera) ci fa volare, ci fa pensare, ci fa commuovere.

Pienso que en este momento
tal vez nadie en el universo piensa en mí,
que solo yo me pienso,
y si ahora muriese,
nadie, ni yo, me pensaría.

Y aquí empieza el abismo,
como cuando me duermo.
Soy mi propio sostén y me lo quito.
Contribuyo a tapizar de ausencia todo.

Tal vez sea por esto
que pensar en un hombre
se parece a salvarlo.

* * *

Penso che in questo momento
forse nessuno nell’universo mi pensa,
e che io mi penso da solo,
e se adesso morissi,
nessuno mi penserebbe, io nemmeno.

E qui l’abisso comincia,
come quando prendo sonno.
Sono il mio solo conforto, e di me faccio a meno.
Ricopro la vita d’assenza, la tappezzo tutta.

Chissà, sarà per questo
che a volte pensare a un uomo
è come salvarlo.

Daniele Giancane