La buona notizia è che finalmente Alfredo Vasco si è deciso a pubblicare i testi delle sue opere teatrali. La cattiva notizia è che, dopo aver letto questo testo, ne resteremo alquanto scossi.
In Museo Pandemia – Il compleanno (edito da Tabula Fati, dell’instancabile Marco Solfanelli) compaiono tre atti unici: Il Cilindro; Agfar; Il compleanno. I primi due sono raccolti in Museo Pandemia, legati tra loro da un intermezzo che vede protagonista un personaggio di prepotente personalità, dall’Autore chiamato “Il Retornante”.

In Il Cilindro (con la “C” maiuscola), domina la scena questo geometrico oggetto-personaggio vivo, abitato da vivi, attorno al quale si sviluppa la trama, prima con due e poi con tre attori principali, che conducono lo spettatore su un sentiero di crescente inquietudine, verso un finale di
caotica angoscia.

A. VASCO, Museo Pandemia – Il Compleanno, Tabula Fati 2020

In tutte le tre brevi opere si osserva questa sorta di climax, in cui il lettore/spettatore (pare di essere sul proscenio, e di potersi muovere sul palcoscenico liberamente) si sente sempre più coinvolto, mentre può avvertire nitidamente l’accelerare dei battiti del proprio cuore, apparendogli di essere frammisto agli attori, con il dubbio di essere una sorta di personaggio aggiunto, silenziosamente partecipe di animate discussioni e di forti rivolgimenti di situazioni.

Anche la voluta scelta di assegnare dei non-nomi ai personaggi (chiamati via via “Uno, Due, Lui, Lei, Donna” e che solo gradualmente divengono nomi veri) è straniante e indicativo dell’atmosfera di degrado in cui l’Autore ci vuole calare.

In Agfar si viene proiettati in un arido deserto, cosparso di significativi detriti lasciati dagli umani, a simboleggiare una desolazione interiore che si va delineando nel corso dei dialoghi e dei ricordi dei due personaggi principali. Il terzo personaggio, fortemente simbolico, con un nome da subito definito, appare poco, ma se ne sente il peso durante tutto il brano, che si conclude lasciando lo spettatore in una sorta di sospensione spaziotemporale.

Il Compleanno inizia con un palcoscenico apparentemente vuoto, che si va riempiendo prima con le voci e poi progressivamente con la manifestazione fisica di due personaggi e del loro dramma, con la oppressiva presenza di una sorta di onnipresente “Grande Fratello”, che tutto spia e tutto controlla, financo cibo e aria, frutto di una umanità smaniosa di moltiplicarsi, ma a suo modo, e attenta ai rischi delle pandemie che i suoi stessi comportamenti scatenano. Ribellarsi al sistema, in nome della propria libertà e della Speranza, porta ad estreme conseguenze. E sarà compito dello spettatore capire chi, alla fine, avrà vinto.

Alfredo Vasco

Le scenografie previste risultano inquietanti, e sale l’ansia nello spettatore, man mano che si sviluppano le azioni sceniche. L’uso dei puntini di sospensione, nel testo, indica le pause e le esitazioni nelle voci degli attori. Essi, rigorosamente in gruppi di tre, sono in proporzione alla lunghezza della sospensione dei dialoghi, a volte rapidi, a volte complessi, e danno sapiente misura dell’effetto voluto dall’Autore. Il linguaggio utilizzato è semplice e immediato, atto ad immergere lo spettatore/lettore nell’azione scenica, con immediatezza ed efficacia. Il ritmo, a volte lento, è più spesso incalzante, in modo da tenere sempre alta la tensione, sino a giungere ai finali, che non sono conclusivi, ma che lasciano intravvedere una sorta di prosecuzione, dai contorni volutamente incerti, sì da lasciare il lettore/spettatore alquanto disorientato, come manifestamente vuole l’Autore.

Indiscutibilmente, questi tre brani non sono adatti a un pubblico che voglia leggere oppure andare a teatro per rilassarsi, magari sbellicandosi dalle risa facili, provocate da facili battute. Sono invece indicati per uno spettatore/lettore che voglia pensare e ripensare a scelte e opinioni, disposto a dover gestire una sorta di messa in discussione di se stessi e del proprio operato, correndo il rischio di doversi immedesimare in qualcuno degli scomodi personaggi che prendono vita sulle assi del palcoscenico.
La veste grafica del libro è gradevole nella sua semplicità, accurato appare il lavoro redazionale.

Tre bei lavori, quindi, da gustare in attesa delle prossime pubblicazioni e delle loro rappresentazioni sul palcoscenico, quando i tempi e la pandemia – non quella del Museo – lo consentiranno.

Nicola Accettura