Carne e sangue, finalmente!
Un titolo che è una svestizione intima e pubblica, che si libera di quella corazza pseudo spiritualista tutta italica onnipresente in tanta poesia.

Che invece di essere l’arte più in sincronia con il proprio corpo e le sue pulsioni passionali, rivolge sempre gli occhi al cielo assolvendo ad un dovere catto-scolastico che gli impone di ascendere a un concetto trito e mistificatorio di sublimazione.

È un equivoco ipocrita e culturale che in altri paesi da tempi immemorabili non è più praticato come unico binario di percorrenza obbligata.

Sappiamo bene che la laicità, il riconoscere la propria provvisorietà mortale, è una fonte di poesia e di vera spiritualità che attraverso il mito o il mitizzare crea dimensioni struggenti d’espressione credibile e riscontrabile, toccando un corpo che diventa sogno, ma sogno tangibile fatto di odori e sapori.

V. DAVOLI, Carne e Sangue, Tabula fati 2022

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Questa opera di Vito Davoli è un diapason che vibra a pelle viva, non è una reliquia appassita, un ex voto, una liturgia funebre, ma il suo contrario.

La sua arteria meridionale si svena e come un liquido infiammabile: accende i falò dell’eterna estate amorosa anche là dove si presentano come fuochi fatui della memoria dolente.

Anche il dolore, lo smarrimento, la ricerca del soggetto perduto, animano il presente in una festa senza maschere né mascherature dove il sentimento delle cose non si vergogna di esistere ma proclama il dolce asservimento naturale ai voli improvvisi e ai precipizi inevitabili come in una salita russa da cui non si scende mai tra grida di gioia, di paura, e di abbandono.

Carne e sangue sobbalzano certo ma è il gioco della vita, un gioco di illusioni che timbra e sostiene il fulcro della giovinezza fino a quando il senso del sogno non tramonterà dietro le luci di questo Luna Park per oscurarsi in vecchiaia.

Dunque onoriamo il piacere di un possesso e il dolore di una perdita in egual misura perché il tempo della desertificazione interiore arriverà e il microcosmo individuale diventerà un pianeta morto come dopo un’implosione stellare.

Vito Davoli ci accompagna lungo questo diagramma galattico che ci è concesso nella nostra breve vita perché ad ogni battito fa seguire una riflessione interiore, un dialogo con se stesso che si sviluppa in dialogo a due, lui e il suo doppio continuamente tallonato da interrogativi di stampo esistenziale, dove l’Autore cercando il soggetto perduto, cerca se stesso.

Ecco la spiritualità del laico, quella che arrancando nella dispersione trova la sua coesione. E sulla forma, morbida e compatta, vorrei solo ricordare una frase del mio Maestro Léo Ferré : «Non è la parola che illustra la poesia, è la poesia che illustra la parola».

Mauro Macario


Mauro Macario

Mauro Macario

(Santa Margherita Ligure, 1947) Figlio di Giulia Dardanelli e del leggendario attore Erminio Macario, dopo aver frequentato la Scuola d’arte drammatica del Piccolo Teatro di Milano nel biennio 1963-1964 (tra i maestri Ruggero Jacobbi) e poi al termine di un apprendistato come aiuto regista con Bruno Corbucci (10 film) si è avviato alla regia cinematografica, a quella teatrale, e infine a quella televisiva curando per la Rai e per Canale 5 programmi di carattere musicale. Dal 1990 si dedica alla scrittura poetica, alla saggistica, e alla narrativa.

Come poeta tiene dei reading in numerose rassegne nazionali ed europee (Parigi, Lione, Grigny, Sète, Chambery, Toledo), in particolare al Festival Internazionale di Poesia di Genova e al Festival internazionale della Poesia Voix Vives, a Sète nel 2014, e a Toledo nel 2019. Dal 2003 collabora con Gianluigi Cavaliere leader di Chantango, ensemble musicale italiano. Approfondisce il binomio poesia/musica. Per vent’anni ha interpretato poesie e monologhi del suo Maestro Léo Ferré al Festival di San Benedetto del Tronto, a lui dedicato.

Tra le sue numerose opere si ricordano in poesia l’esordio del 1990 con Le ali della iena per i tipi di Lubrina (Bergamo), Il destino di essere altrove (Campanotto 2003), La screanza (Premio montale 2012) e la più recente antologia Le trame del disincanto. Tutte le poesie 1990-2017 (puntoacapo 2020). In francese la silloge La Débâcle des bonnes intentions (Le rumeur libre, Vareiles 2016).

Inoltre i volumi dedicati a suo padre tra cui la biografia Macario, un comico caduto dalla luna (Baldini&Castoldi, Milano 1998), Macario mio padre (Campanotto, Pasian di Prato 2007) e il romanzo Ballerina di fila (Aliberti, Reggio Emilia 2004).

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M. MACARIO, Ballerina di fila, puntoacapo 2021

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