È ricca e complessa la natura e l’evoluzione della cultura legata al Tango tanto da un punto di vista squisitamente letterario che come impianto culturale e sociale fin dalle sue origini. Ci si dovrà affidare ai testi degli autori che ne sono stati in qualche modo protagonisti e, fra loro, di certo Jorge Luis Borges può parlare (e il verbo è quanto mai opportuno visto che si tratterà di trasposizioni scritte di conferenze tenute dal poeta argentino di ritorno nella sua terra) per esperienza diretta.

Ciò non toglie che uno studio approfondito di questo fenomeno ormai planetario potrà restituire sfumature diverse che lo rendono esattamente ciò che è: un complesso, ricco e anche frammentato fenomeno sociale, culturale e artistico la cui verità probabilmente non sta tutta e unicamente da una parte.

Ne è consapevole evidentemente lo stesso Borges affermando che «non desidero solo insegnare, ma anche imparare, e sarei molto felice se voi completaste, rettificaste contraddiceste ciò che dirò nel corso di queste quattro chiacchierate nel Barrio Sur».

Un ottimo punto di partenza per un approccio serio e appassionato può essere questo testo di Adelphi che riporta, come detto alcune conversazioni letterarie tenute da Borges a Buenos Aires.

J. L. BORGES, 𝙄𝙡 𝙏𝙖𝙣𝙜𝙤, Adelphi 2019.
Quattro conferenze a cura di Martín Hadís.
Edizione italiana a cura di Tommaso Scarano.


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𝘋𝘢𝘭𝘭𝘢 𝘱𝘳𝘦𝘧𝘢𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦 𝘢𝘭 𝘵𝘦𝘴𝘵𝘰:
«Il tango, è stato scritto, è «un pensiero triste che si balla». Ma la malinconia del tango, la sua natura di scena drammatica, di lamento amoroso, di ballo lento, languido e voluttuoso, sono legate al periodo in cui si afferma nelle capitali europee (a Parigi, anzitutto) e viene universalmente accettato. Un periodo che a Borges poco interessa, perché nulla ha a che vedere con le sue origini di ballo audace e indecente, di «rettile da lupanare», come lo definiva Lugones. Per salvaguardare quelle origini lontane, nell’ottobre del 1965 Borges ha tenuto un ciclo di quattro conferenze che, fortunosamente registrate, solo di recente sono tornate alla luce e sono diventate un libro, inatteso e sorprendente. Perché nelle parole di Borges rivivono la Buenos Aires della sua infanzia – una piccola città di case basse con il patio, senza alberi, circondata da campi aperti –, le milonghe e le habanera che sono all’origine del tango, i locali infami dove lo si danzava, frequentati da guappi maestri di coltello e di ardimento, da rissosi niños bien, da magnaccia e donne di malaffare. Ma soprattutto rivive l’anima di quei tempi: la provocazione disinteressata, l’allegra spavalderia, il gusto di sfidare il più forte solo per mettere alla prova il proprio coraggio – la felicità del coraggio. Esattamente ciò che vibra nel tango originario, simbolo di felicità».

𝘋𝘢 𝘶𝘯 𝘦𝘴𝘵𝘳𝘢𝘵𝘵𝘰 𝘥𝘦𝘭 𝘵𝘦𝘴𝘵𝘰 𝘥𝘪 𝘉𝘰𝘳𝘨𝘦𝘴:
«Il Sur è un po’ il cuore segreto di Buenos Aires. Potremmo dire: Buenos Aires 𝘦̀ lì. (…) E tuttavia, visto che siamo a Buenos Aires, e che anche io sono 𝘱𝘰𝘳𝘵𝘦𝘯̃𝘰, penso che possiamo scegliere Buenos Aires, che è quanto generalmente si accetta. Abbiamo dunque Buenos Aires e l’anno 1880.
Una città di case basse. Una città di provincia (…). Quando io ero piccolo vedevo più negri di adesso; oggi sono praticamente scomparsi. I negri discendevano dagli schiavi, prendevano i cognomi dei padroni, con i quali mantennero – e i loro discendenti mantennero – buoni rapporti, perché portandone il nome erano parte della famiglia (…).
Poi arriva l’immigrazione, la popolazione si trasforma e la città si ingrandisce. Abbiamo dei documenti di quell’epoca (…).
Voglio aggiungere che era ancora una città divisa in classi. Ricordo di aver chiesto a un signore come si vestivano i 𝘤𝘰𝘮𝘱𝘢𝘥𝘳𝘪𝘵𝘰𝘴 dei suoi tempi. Mi rispose: “Si vestivano come ci vestiamo noi ora” cioè con la giacca e il cappello a tesa; non la finanziera e il cilindro; e naturalmente usavano anche il fazzoletto al collo (…). A quell’epoca, però, c’era una differenza importante tra essere un signore e essere un 𝘤𝘰𝘮𝘱𝘢𝘥𝘳𝘪𝘵𝘰 o un popolano».
(J. L. BORGES)

Sono sufficienti queste poche riassuntive pennellate con le quali Borges comincia a delineare il panorama e il contesto nel quale nasce il tango per rendersi conto già di come questa carrellata di personaggi si ritroveranno tutti, uno ad uno, all’interno della letteratura 𝘵𝘢𝘯𝘨𝘶𝘦𝘳𝘢 della tradizione.
Uno splendido testo sicuramente da tenere presente per qualsiasi approccio alla cultura del tango e all’espressione letterario che ne fu (anche) veicolo. 

Vuelvo al Sur

Non so se il SUR a cui si fa riferimento in questo testo sia una indicazione geografica generale o se si tratti proprio del Barrio Sur, culla – stando a quanto sostiene Borges – della nascita del Tango.

E i versi «soy del Sur / como los aires del bandoneón» lascerebbero intendere proprio di sì. Forse, però, è bene pensare a entrambe le cose.

Sta di fatto che mi permetto di invitarvi ad ascoltare questo brano, evidentemente successivo, nell’esecuzione proposta, alla rivoluzione del tango di Piazzolla ma con un testo quanto mai legato alla migliore tradizione letteraria di questo fenomeno.

Suggerisco, pertanto: spegnete il mondo attorno per qualche minuto, mettete su le cuffie e lasciatevi portare nelle volute di questa meraviglia!

𝗩𝗨𝗘𝗟𝗩𝗢 𝗔𝗟 𝗦𝗨𝗥
Mercedes Sosa
𝘛𝘦𝘴𝘵𝘰: 𝘍𝘦𝘳𝘯𝘢𝘯𝘥𝘰 𝘚𝘰𝘭𝘢𝘯𝘢𝘴
𝘔𝘶𝘴𝘪𝘤𝘢: 𝘈𝘴𝘵𝘰𝘳 𝘗𝘪𝘢𝘻𝘻𝘰𝘭𝘭𝘢
Colonna sonora del film 𝙎𝙐𝙍 di F. Solanas

Vuelvo al sur

Vuelvo al Sur,
como se vuelve siempre al amor,
vuelvo a vos,
con mi deseo, con mi temor.

Llevo el Sur,
como un destino del corazón,
soy del Sur,
como los aires del bandoneón.

Sueño el Sur,
inmensa luna, cielo al reves,
busco el Sur,
el tiempo abierto, y su después.

Quiero al Sur,
su buena gente, su dignidad,
siento el Sur,
como tu cuerpo en la intimidad.

Te quiero Sur,
Sur, te quiero.
Vuelvo al Sur,
llevo el Sur,
te quiero Sur,
te quiero Sur…

* * *

Torno al Sud

Torno al Sud
come si torna sempre all’amore
torno a te
coi desideri miei, coi miei timori.

Porto il Sud
come un destino nel cuore,
sono del Sud
come le arie del bandoneon.

Sogno il Sud
la luna immensa, il cielo sottosopra,
cerco il sud
il tempo aperto e ciò che diverrà.

Amo il Sud
la gente calda con la sua dignità,
sento il Sud
come sento il tuo corpo nell’intimità.

Amo il Sud
Amo il mio Sud
Torno al Sud
Porto il Sud
Amo il Sud
Amo il mio Sud…

Trad. italiana di Vito Davoli

Vito Davoli